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Dieci

Io per il 2008 volevo così e il 2009 così.
E non mi posso lamentare, perchè nonostante le zampe di gallina e qualche brufolo da stress le montagne le ho spaccate.
Io per il 2010 ho pianto ieri sera tutto quello che volevo nelle terme di Ulisse rovesciando le lacrime nell’idromassaggio, così nessuno se ne accorgeva.
Io per il 2010 voglio solo cose immateriali, voglio un anno d’amore per tutti e un pò di metafisica per me.
Tuttalpiù svegliarmi mezz’ora prima la mattina, per non essere costretta a farmi nel treno il ritocchino allo smalto smangiucchiato.

Salute.

Xmas migrante

Il Natale è il momento per eccellenza in cui l’emigrante capisce di avere una doppia vita: la vita del posto in cui è emigrato e la vita del posto da cui emigrato.

I due posti sono molto diversi: nel primo nevica e si mangia leggero, nel secondo si suda e si mangia pesante, pesantissimo, bene, benissimo. Si mangia sempre.

Un Natale di fronte al mare con la giacchetta dandy e la gente che si sbaciucchia, fa sentire l’emigrante in un cinepanettone esotico, come Natale a Beverly Hills.

Il giorno in cui l’emigrante si sente più emigrante di tutti è il primo giorno, in cui l’emigrante è soggetto ad una sorta di jat lag acqua- aria -brezza marina.

In quel momento l’emigrante sperimenta il vacuum, il vuoto assoluto dell’emigrante, condizione ontologica dello stesso.

Ma è solo un momento.

Poi l’emigrante apre le braccia e accoglie l’abbraccio caldo del passato: le lucine di Sorrento, la tombola a San Gregorio, il brindisi aggratis, lo struscio a Cava, pacchi pacchetti fino all’una di notte, il cd del coro della chiesa, l’agriturismo accogliente, la chiacchiera in piazza, la suonata trash nel pub di un tempo che fu.

L’emigrante stringe il passato nell’abbraccio, imprime il profumo degli affetti più cari e a un certo punto, riesce anche a sorridere se appena arriva gli chiedono già quando se ne andrà.

 

Merincontraria augura a tutti buone feste.

Wabi Sabi

 ventisette primavere nella stanza del tè

 

 

I 25 e i 26 scorrono tra feste a sorpresa e velleità mondane.

Dei 27 neanche una foto, anni vissuti come il criceto che gira nella ruota, ma vissuti, stappati, festeggiati, cucinati, applauditi, adornati di fiori e accompagnati da fave, come si fa da noi a Pasqua vicino al salame e alla ricotta salata.

I 27 sono turgidi, hanno il sapore dei pomodori sardi sgranocchiati come patatine in un pomeriggio così.

Giusto sciacquati prima di essere afferrati con la bocca e addentati dalle mani di qualcun altro.

Prima che te li possano portare via.

Prima che la ruota li travolga, prima che il criceto li rosicchi, prima che il tempo  velocissimo ti confonda: sono solo 27 o sono già 27?

Sono 10 in più dei 17. Clic.

Sono dieci in più di quando tenevi la capa gonfia di ricci e ti mettevi la fascia ed eri bella, ma troppo complessata per rendertene conto, come tutte le adolescenti sudate, innamorate e con gli occhi grondanti di  sogni.

 

Lo sai che il toro è il segno più sexy dello zodiaco?

 

Nei 27 ci entri sciolto, come entri in un post, fingendo con te stesso di essere leggero, diluendo il cambiamento come l’ammorbidente nel detersivo liquido quando lavi i panni di lana.

Ma sai, o almeno senti, quali sono i tuoi profumi, i tuoi colori, perché la nota di Beethoven fuori dalla doccia ti emoziona , perché fuggi su una casa in  colina, perché corri in una camera a gas, perché ti nutri di quell’adrenalina che un po’ ti accarezza e un po’ ti consuma, perché vai, perché resti, perché ritorni, perché ti compri la felicità in un biglietto a teatro.

I 27 vogliono il gesto lento e reiterato, il wabi sabi, lontano dall’odore inebriante del caos, che sempre ti ammalia, ti morde, ti risucchia, ti attanaglia, ma quella donna non sei tu, guardo le nuvole lassù.

 

Wabi sabi:disadorna semplicità, pace, silenzio, eleganza discreta soprattutto  e ancora bellezza antica, ma intrisa di malinconia(…).Ne consegue che la stanza della cerimonia del tè diviene una dimora dell’anima: al vuoto materiale deve corrispondere uno stato di assenza mentale.

 

 

 

La stanza di Ross

Io nella stanza di Ross ci vado sempre una, max due volte l’anno, ormai da quattro anni.

Nella stanza di Ross si va per dormire, quando si decide che è festa e ci vuole un posto per smaltire l’ hangover, ma si finisce sempre che Ross dorme e io guardo la stanza di Ross, che è fatta proprio per sentirsi giovani e riscoprire il Peter Pan fanciullino che è in noi finché non s’ammala di depressione.

Mentre Ross dorme, io vedo nella stanza di Ross i migliori b-movie della mia adolescenza.

Ross in quel periodo non esisteva, ma la stanza di Ross e il suo soffitto, in particolare la parete sinistra con l’invito al BBQ-barbecue-party attaccato allo specchio,  a cui io e Ross siamo andate veramente, facendoci i km a piedi in una foresta finlandese per arrostire due sausages sul fuoco e sentirci internazionali, me la ricordano tutta, (l’adolescenza).

Nella stanza di Ross le maglie sono rigorosamente viola e si legge Jack Frusciante è uscito dal gruppo mentre la prof. spiega e si fa la scritta sulla Smemoranda del nome del ragazzo maledetto che ti fa ascoltare i Pink Floyd invece di E. Ramazzotti.

Nella stanza di Ross nell’ora di educazione fisica ti metti i vestiti normali perché la tuta è da sfigati, ma sei la più secchia del compito d’italiano.

Nella stanza di Ross ti infili le Dr Marteens e vai ai concerti con la birra in mano e balli ondeggiando in quel modo perché si capisca che tu non sei una borghese (poi te ne accorgerai col tempo).

Nella stanza di Ross comunque c’è tutto il compiacimento del viaggio sgangherato che è l’unica cosa non romanzata della stanza di Ross.

Poi per il resto nella stanza di Ross si dorme una chiavica, perché Ross accanto a me dorme e io guardo la stanza di Ross  immaginandomi cosa la stanza di Ross si inventerà la prossima volta per ricordarmi la festa appena trascorsa.

Per il resto la stanza di Ross con le sue maniacalità del ricordo sa regalarti grandi viaggi all’indietro, che poi sono sempre viaggi in avanti.

After life

Il tempo che passa ti butta giù? Non ami festeggiare ma alle feste degli altri ti rotoli sul pavimento?L’idea di fare un party ti mette ansia?
 
Questo è il post che fa per te.
 
La soluzione ideale per chi soffre delle sindromi sopra elencate è la festa aperitivo sperimentata da Merin per le sue 26 primavere.
 
Invito: La festa aperitivo viene preceduta da un sms ironico agli invitati (max 20 compreso il cane ed esclusi i genitori). Il testo dell sms recita così: Sunday 27 April, saluta il sole a casa di xxx con un aperitive party. Start from 18.30. Happy birthday. Happy Hour. Non mancare.
Il tardo pomeriggio consente di non rinunciare al mare, all’abbuffata con i suoceri o alla scopata della domenica davanti a un telefilm e tutti saranno felici di venire alla tua festa.
 
Cocktail: Bellini fatto in casa con prosecco, succo pesca, 2 cucchiai di zucchero e un limone. In compagnia di Corona sale e limone, Prosecco avanzato dal cocktail, Falanghina e liquori da dolce da cacciare prima della torta insieme al buffet di dolci.
 
Cibo: Aperitivo corretto al mezzogiorno d’Italia. Stuzzicherie, seccume, tartine al tartufo, insalata di pasta e riso, rustici e tagliata di salame paesano.
 
Invitati: Se avete amici porshe e punkabestia perché non avete ancora una vostra identità è sempre necessario uno o più musicisti. La musica ha poteri olistici e trasversali. Se avete anche ospiti donne dall’ Olanda tutti gli uomini single penseranno di stare alle più bella festa della loro vita.
 
Location : Il salotto liberato dalla collezioni di argenti e uova di San Pietroburgo di vostra madre. Il balcone con le piante grasse che affaccia sul mare. N.B Dare sempre ai fumatori la possibilità di sfogarsi e ai timidi di trovare uno spazio di fuga.
 
Regali: toglieteci le speranze soprattutto se è domenica e soprattutto dalle amiche porshe. Gli amici punkabestia sono più diligenti sotto questo profilo per il principio che meno hai più dai.
 
Accessori: tutti gli strumenti musicali che avete in casa. Il giradischi con i vinili dei canti comunisti scioccherà gli invitati e vi farà considerare senza troppi sforzi un tipo cool.
 
Abito: coloratissimo che rende nelle foto.
 
Musica: manuale, lounge, folk, anni 60 -’70. Il tanti auguri bilingue (italiano e inglese) suonato con la chitarra è un credit ulteriore per le vostre prossime feste.
 
Andamento: ricordatevi che la festa è vostra e siete voi a scandire il ritmo. In pratica, vi auguro un sano totalitarismo del divertimento.
Se l’aperitivo si protrae oltre mezzanotte la festa è riuscita.

Sacralità dell' Autentico

E nella tortuosa ricerca dell’Autentico, finisco alla festa di San Gennaro.

E’ una festa privata, ma per rispetto del Santo, mi metto una mse sacrale con un lungo rosario di legno e una gonna a codè.

Sono una dark suora postmoderna.

Lo so perché per strada mi mettono i cuppetielli dietro.

A me e a wlemetafore, che sfida la folla metropolitana con uno scialletto blu elettrico in versione di Madonna Incoronata.

Sostanza e dialetto. Rieccomi nel tempio sacrale dell’amicizia dove il profumo di una ciambella al cioccolato scioglie gli aloni del mobbing. Basta così poco.

Basta il pan degli Angeli per essere felici, l’estatica contemplazione della cicatrice dell’ Altro, che porta in viso la stessa alopecia da stress che tu ti porti dentro. Alleluia.

Non attaccare il ciuccio dove dice il padrone, mi ripeto mentre avanzo in processione verso San Gennaro. Esprimo un desiderio a venti centesimi  e abbiamo anche noi il nostro lumino acceso ai piedi della statua policroma. Goodbye all’overload emozionale e alle buone maniere.

Vino dolce e salato, sguardi sopra la folla, chiacchiere folkloristiche, incontri identitari, ma al secondo bicchiere mi fermo perché l’Autentico non ha bisogno di alcol o di icone punk per esprimersi. L’Autentico è simpatico, è chiattulillo ma con fascino, ti accoglie come la pecorella smarrita,  si incarna nel femminiello vestito da San Michele, nel  culo a culo col matrone illuminato, nel  trans sulla scala  con il  vestito rosso rubino.

E’ una pizza gnommosa alle tre del mattino.

Abballi l’elettronica italiana nel covo del terzo sesso, puoi eclissarti e puoi  ridere sfruttando l’ascendente che madre natura ti ha donato sul gaio. Alla fine fai ridere e basta. Perché nello slang dell’Autentico il ridicolo è out. Decisamente out. Ammèn.

 

Felice low cost

Il corpo vibra e non ha paura. Danza, urla.

E mentre mi espando c’è la luna piena.

Decomprimo il cuore.

Ma tu lo sai com’è la felicità?

Ha i cerchi d’oro e i fuseaux viola.

Ha il ventre piatto e un vestito smeraldo.

La pelle scura e gli occhi da cerbiatta.

E’ piccola e maniarella. Ti giuro.

Ha il profumo di vaniglia e caffè e il sapore del cioccolato.

Il colore dell’alba.

Balla sul mondo e nuota in una caletta che sembra un fiordo.

 

Dedicato a chi c’era. E a chi lo sa dire meglio di me.

Quart de siècle

Da ieri ho 25 anni e  la mia prima festa a sorpresa. Quella in cui venti amici urlano “Sorpresaaaaa”, quella.

C’è dentro tutta la mia vita in questo quarto di secolo.

C’è la colazione progressive col caffè al ginseng che mi sveglia e mi disgusta.

Ci sono le ballerine a pois abbinate alla collana rossa di finte perle.

Ci sono le bolle d’acqua ai piedi.

C’è il solito giro a Forcella, in religiosa contemplazione di un degrado che mi manda in estasi. Le due vecchie del contrabbando, i panieri dai balconi, i bambini che lanciano le scorze delle arance.

E io che non ho capito niente, che mi aggiro tra vicoli bui e distribuisco cornetti ai ragazzi del master pensando a una serata in vineria. Magari. Per festeggiare. Per festeggiare le mie feste che non mi piacciono mai come quelle degli altri.

C’è il sole il 27 Aprile del 2007.

Il treno vola sfogliando un giornale gratuito e pensando che per il mio compleanno hanno fatto proprio un buon numero. E bravi.

Ci sono gli specchi. E il tentativo di un look nuovo con chignon e trucco marcato.

Ci sono gli auguri internazionali che fanno davvero buon compleanno anche se il tuo inglese sa sempre più di napoletano. E’ impastato, pesante come la riccia e la frolla.

C’è un po’ di routine familiare, io e mia madre in palestra, io che aggiusto un articolo.

E poi sempre io al volante a gustarmi il miracolo. Della mia pessima guida. E sempre io che tento di non incazzarmi quando pare che tutti fanno ritardo e nessuno mi caca. Neanche quello che mi aveva detto “ non te ne incaricare, prenoto tutto io  e io gli avevo risposto grazie si n’ omm”.

E invece eccolo lì in mezzo agli altri ad urlare “Sorpresaaaa”. Ecco un terrazzo, le candele,  le rose sherrybrandy, i petali sul tavolo, il rumeppera, le tartine e le tortillas, le fragole meringate, le amiche che cucinano e le amiche che le guardano e io che guardo tutto e tutti. Quello che si ubriaca, quello che fa la vedetta, quello che sta triste, quella che si fa il culo tanto, quella che mi abbraccia, quella che deve dire sempre qualcosa. Quello che ci scordiamo di andare a prendere a casa. E sento.

Sento la primavera. Finalmente.

Single party

Ogni fine settimana Merincontraria frequenta un corso di socializzazione da strada. Il titolo dell’ultimo modulo era: come cavarsela in una festa per single in cui sei capitato a tradimento. Numero di crediti:6.
Una festa per single è un raduno di egocentrati che combattono la depressione da weekend con la caccia istituzionalizzata dell’anima gemella.
Perchè il rituale funzioni sono necessari:
a)      un locale sperduto dell’ hinterland con bancone all’americana  
b)      musica latina intermezzata karaoke ( nella variante di k. cumulativo con abbraccio e foto di gruppo da caricare sul sito del locale)
I single si incontrano su una colonna sonora che un dee-bar coi boccoli d’oro ( primate nato dall’accoppiamento tra un dee- jay e una cantante di piano bar) pensa possa metterli a loro agio. Al ritmo di “Brasil” e “ A e i o u ipsilon” , una Pr col frangettone e una cravatta di finti swaroski, si lancia nelle presentazioni trascinando da un capo all’altro della sala i soggetti più timidi.
Sai, la sua ex ragazza, abitava nel tuo paese.
Lui sta scendendo da Firenze apposta per la festa.
Mi hanno dato la conferma in 100 per la serata.
Vi siete già incontrati?Hai visto com’è piccolo il mondo?
Queste e altre conversazioni standard sono interrotte dal single incallito che dispensa alle sue prede il cocktail dell’amore: vodka alla fragola e prosecco.
La pr incrocia le maestranze accompagnata da una valletta tuttofare delusa per l’impossibilità logistica di allestire una messaggeria con gli scatoloni che si trascina da inizio serata.
Intanto il single incallito tormenta le prede di cui sopra con facendo sparire i loro bracciali e fermagli e improvvisando altri giochi di prestigio.
Le regine della festa sono comunque la ragazza con capello frisè e la ragazza col collo di pelliccia imporpato di Tesori d’oriente alla mirra.
Sono loro che tessono le relazioni più fruttuose gustando un tortino al torrone mentre le prede che hanno sviluppato nel frattempo la fobia del single incallito si rifugiano sotto il bancone finendo nella lista nera della festa.
Col karaoke si raggiunge la vetta . Sulle note di “come saprei” e “fammi godere” i partecipanti superano con soli 15€ di mangiaebevi la loro depressione. Non solo possono limonare una ragazza col frisè ma hanno anche un gruppo di amici felici con cui dividere il microfono.
Il dee-bar boccoli d’oro si unisce al gruppo arruolando coriste incomprese per il prossimo disco prodotto da mammà e papà.
La festa finisce con le coppie ormai consolidate che si scambiano la fedina a ritmo di Pampa, repitelo, Pampa e  Tipitipitero.
Alda F.