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Il tailleur

Strane coincidenze tra apparire ed essere

Di tailleur nell’armadio ne ho due paia e li ho sempre schifati. Uno, l’ho indossato il giorno della laurea e l’altro, pantalone corto sopra la caviglia, l’ho comprato per eventuali colloqui “summer edition”. Slancerà pure, ma nel mio personale concetto di stile, il tailleur appesantisce. Con le “big bubbs”, i boccoli e gli occhiali, posso aspirare al massimo al ruolo di Maestra di Pierino. Con la camicia poi, temo troppo l’effetto controllora Trenitalia.

Ma è un mio limite.

Della “vitalità” del tailleur – intesa proprio come oggetto vitale e salvifico – ho capito l’importanza dopo otto mesi (ma si sa, noi Toro siamo lenti e se non ci sbattiamo le corna…)

Colloquio 1- Aprile 2012, Napoli: l’azienda è strutturata e il ruolo è copywriter senior. Opto per lo “spezzato”. Giacca del tailleur laurea, camicia gessata, jeans. Sbaraglio i candidati casual e passo. Al colloquio 1bis, punto sul contrasto giacca beige/camicia azzurra. E solo vuoto e silenzio seguirono a quel Le faremo sapere.

Colloquio 2- Giugno 2012, Milano: l’azienda è un colosso dell’editoria e il ruolo è Digital Pr. La parola “digital”avrebbe dovuto illuminarmi sullo stile da adottare. Così come un passato in tv in cui le cape sfilavano a botta di abiti firmati con sotto le All Stars. E invece no, scommetto sul tailleur “summer version”, tanto di taccata e scollo a barca Nina Ricci. Ad intervistarmi due nostalgiche teen con maglie viola e giallo fluo. Ci ritroviamo in alto mare…

Colloquio 3- Agosto 2012, Milano: non c’è bisogno del meteo per spiegare cos’è Milano ad Agosto. Alla vigilia di Ferragosto. Per il ruolo di Seo Copywriter presso azienda svedese non ho alternative alla summer edition, ma memore degli ultimi fallimenti, mollo la giacca sugli scogli e salvo solo lo scollo a barca. L’accoglienza del capo vichingo con camicia sbottonata e Lei non è niente male, sono stato con un’italiana delle sue parti, dà un bel colpo all’autostima ma non al portafogli. Resto con un dubbio: sono io troppo poco SEO o lo scollo troppo a barca?

Colloquio 4- Ottobre 2012, Milano: vado al colloquio come chi ha fatto quattro colloqui andati a male. Senza speranza, ma con quell’eroismo in corpo da battaglia delle Termopili. Mi concedo il lusso di non pensare nè all’azienda nè al look. Senza troppe seghe mentali scaravento nel trolley il tailleur della laurea (intero). Mentre resuscito un paio di scarpe demodè a punta tonda mi regalo una sola macro riflessione: perchè avere paura di mostrarsi come persone serie.

E tra mille corse e sudate questa rara coincidenza tra apparire ed essere si è avverata. E Milano chiama ancora.

Sono dei sogni che tratterò come miracoli…

Già. Miracoli. Di sole andate che si trasformano in ritorni.

Ironic

E del fallimento delle giornate perfette

Nella mia giornata perfetta il treno salta e devo correre da Sorrento a Napoli come una pazza, con la seicento che sbanda ad ogni curva e mio fratello in preda all’ansia che perdo un’altra volta il treno per Milano.

Tu non ti anticipi mai.

Nella mia giornata perfetta faccio gli scherzi telefonici e Mi Vendo!Un’altra identità, come Renato Zero.

Milano?! Tanto pathos, tanto melodramma e stai di nuovo là.

Mi sembra di aver ritrovato la voglia di giocare nella mia giornata perfetta.

Nella mia giornata perfetta ceno con un gelato alle sei tutta la notte ho i crampi allo stomaco per la fame e i brividi di freddo.

L’avete mai provato il freddo dentro? Il freddo di quando non fa freddo. Il freddo che ti fa arrotolare nella coperta pure se fa caldo.

Nella mia giornata perfetta bevo prosecco a stomaco vuoto.

Mi trucco da zingara nella mia giornata perfetta e mi comporto da algida. Faccio frusciare il vestito e lascio la scia di profumo.

Ma io non sono così.

Io non sono fatta per le giornate perfette. Non esco da un film di Fellini degli anni ‘50, non chiamo il taxi come le ragazze della City.

Io non sono un Che bel fiore!

Nelle giornate perfette indosso la Maschera di Ferro e fuggo più che mai dal calore umano, dalle parole gentili e dagli sguardi languidi. Divento granitica.

E mi odio per questo.

Allora meglio le giornate ironiche, con i pavoni che ti aprono la coda sullo sfondo di un laghetto artificiale e due lacrime che piovono su un colloquio andato al vento.

Qualunque cosa sia accaduta passerà. Mi dice lo sconosciuto al semaforo.

Meglio le giornata ironiche. Almeno sono più vere.

Le giornate ironiche partono già imperfette, non si leggono come segni del destino e congiunture astrali. Non ti sballottano tra due vite che non ne apparano una e non si caricano di aspettativa.

Si vivono e basta. Accadono e basta.

Meglio le giornate ironiche. Almeno sono più vere. Sono più me.

Tu sei molto di più di tutto quello che sta nelle categorie junior e senior, ricordatelo sempre.

Io sono la forza delle mie iperbole. Grazie. Me lo ricorderò.