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Pasqua

Cronache di un post in differita

La pasqua come sarebbe stata, sarebbe stata profumata.

Mia madre stanca ma felice, il salotto pieno di casatiello dolcessalato,  uova di San Pietroburgo, uova decorate, uova di pasqua, ovette di cioccolato, la benedizione di mio padre con  il ramo d’ olivo a mezzogiorno, il via vai dei vicini, un caffè di fratellanza. No nonna, la pastiera no, grazie. E vabbè se è come la fai tu faccio un’eccezione. Sarebbe stata soleggiata.

Io avrei guardato il mare e gli amici e mi sarei isolata mezz’ora nella nostalgia, scattando un clic del momento, da incidere nel cuore per il tempo che verrà.

La pasqua com’è stata è stata bagnata, zero tradition, but full. Piena.

Cercare la pasqua nella pioggia incessante e trovare verde, comunque.

Camminare  comunque e bagnarsi comunque alla faccia di quelli che controllano sempre il meteo e preferiscono Giuliacci al cuore.

Incenso e pensieri da svenire, comunque. Stanchezza tanta.

Non c’è l’agnello, ma c’è il brunch con la musica di Rino Gaetano, l’extra comunitario che mangia da solo, ci sono puntini puntini puntini, strisce, nature morte futuriste, c’è la follia colorata e narcotica di Roy Lichtstein che disinibisce lentamente, come quel Jack e Coca che non bevi da tempo.

C’è sempre grigio , c’è un tè, un caffè, un limoncello, un uovo di cioccolato, una luce relax e un giorno di pioggia Andrea e Giuliano incontrano Licia per caso.

C’è un punto, un punto ora,  in cui la pasqua come sarebbe stata e la pasqua com’è si incontrano dentro di te.

Un punto attaccato alla tela con un Plettro Fender preciso come la goccia d’acqua che cade nella Darsena.

Scritto tra il 4 e il 5 aprile e pubblicato un mese dopo. Ma come dice Madonna,  please don’t say you’re sorry.