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Sud_ditanza

Ogni discesa al Sud è come una gita agli Inferi. Un rituale scandito da fasi sempre uguali e sempre diverse.

Il grande pregio del Sud, bisogna dirlo, è che ti sciacqua con acqua e sale tutti i pensieri in cancrena dell’anno  trascorso.  Anacapri fuori festa ti disinfetta l’anima. Cielo, mare e quell’ orizzonte che, come dicono in un libro che sto leggendo, ti dà sempre la sensazione di poter fuggire.  Ma che lo iodio fosse un elemento indispensabile per ragazze ipotese si sapeva già.

Torniamo alle fasi.

Numero Uno: Jet Lag

Ci vogliono perlomeno tre giorni per abituare l’occhio al grassume dilagante, al culto sfrenato per le Hogan, a quel modo particolare delle ragazze di fare i palloncini con le chewing gum che solo chi ha vissuto a Napoli può capire. Alla posta si va in crisi per prendere il bigliettino, nei negozi le commesse fanno sedere i nipoti sul bancone, al supermercato non esiste la fila ed è doveroso scambiare una battuta con quello della cassa. Sempre se c’è.

Numero Due: Ricordi da Star

Superata la prima fase non senza bruschi rilasci d’ansia e insonnie ossessive, il Sud ti ricorda chi eri. Hai mangiato pizze al tavolo a soli 3€, la direttrice delle poste ti fa accomodare nel retro, vecchi amici e nuove leve si scompisciano ai tuoi racconti e tu riscopri di avere non solo sonno, ma anche ironia, carisma, personalità. Nella fase ricordi da Star non sempre il tuo ritmo coincide con quello familiare. Resti l’imbarcato che torna a casa, viziato, ma scomodo. Come si riesce a sopravvivere senza un diffusore e un pettine a denti larghi?

Numero Tre: Possessione

L’accento si impossessa di te. La fase tre è la più bella. Ti ricordi chi sei, da dove vieni senza pensare per forza al perché te ne sei andato. E’ una vita unica e hai tempo per vedere anche gli amici di serie C2, che non per importanza, ma per tempo sei sempre costretto a trascurare. Puoi fare programmi senza l’angoscia di un treno o un aereo imminente e inizi a viverti il Sud come ti va.  Ma ormai sei già grasso e la tua casa è sempre fredda perché a 14 gradi è un’eresia accendere il termosifone.

La mente riapre dei file archiviati e finalmente un po’ di benzina per l’anima.

Buon 2011 al Nord, al Sud, Al Centro e all’ Epicentro. La quarta fase la scopriremo con Battisti: solo vivendo.

Luglio

Le palle sulle scoglio non ce le sbatto più. Agliagliagliai.

E poi all’improvviso decido di prendere quel treno sulla stanchezza e di affrontare tutto quel panico nella pancia – tanto da sms l’amico che di mestiere fa lo psicologo – per essere di nuovo io e uscire dal quel Medioevo di mediocrità e di torpore. Quel Medioevo senza sorrisi e brio in cui non so come sono finita, eppure.

Io nella folata di vento che accarezza le tonde colline marchigiane. Le sinuosità della terra mi ipnotizzano attraverso i finestrini del treno. Io al tramonto, a guardare le pale eoliche che girano, dondolandoci nei disordini alimentari, noi amiche improvvisate di una famiglia allargata.

Una lunga giornata bruciata dal sole.

Io agave, io aloe, io buganvillea, le palme sul lungomare di un bagno in Liguria sgangherato. Ciuffi di pini che cadono a mare, la ghiaia, la salsedine, il caldo, il cammino, l’aria condizionata, il parcheggio, la spalla incriccata, il tempo che scorre senza sapere perché ci si trova lì e con chi.

Chiedi. E ti sarà dato.

Io che corro nei campi tra le insegne del Parmigiano Regiano. La terra secca e il sole che picchia, il vino che suda, le spighe di grano, la strada si perde.

Il gusto di arrivare in ritardo e non chiedere scusa.

Io a esultare per un goal della Spagna, per quattro risate, risate, risate,a sorpresa, risate sepolte e dimenticate.

El duende.

Io, regia, con quelle dannate cuffie intorno al collo…

Il cameratismo notturno non è poi così male.