Category: Insalata mista

Quart de siècle

Da ieri ho 25 anni e  la mia prima festa a sorpresa. Quella in cui venti amici urlano “Sorpresaaaaa”, quella.

C’è dentro tutta la mia vita in questo quarto di secolo.

C’è la colazione progressive col caffè al ginseng che mi sveglia e mi disgusta.

Ci sono le ballerine a pois abbinate alla collana rossa di finte perle.

Ci sono le bolle d’acqua ai piedi.

C’è il solito giro a Forcella, in religiosa contemplazione di un degrado che mi manda in estasi. Le due vecchie del contrabbando, i panieri dai balconi, i bambini che lanciano le scorze delle arance.

E io che non ho capito niente, che mi aggiro tra vicoli bui e distribuisco cornetti ai ragazzi del master pensando a una serata in vineria. Magari. Per festeggiare. Per festeggiare le mie feste che non mi piacciono mai come quelle degli altri.

C’è il sole il 27 Aprile del 2007.

Il treno vola sfogliando un giornale gratuito e pensando che per il mio compleanno hanno fatto proprio un buon numero. E bravi.

Ci sono gli specchi. E il tentativo di un look nuovo con chignon e trucco marcato.

Ci sono gli auguri internazionali che fanno davvero buon compleanno anche se il tuo inglese sa sempre più di napoletano. E’ impastato, pesante come la riccia e la frolla.

C’è un po’ di routine familiare, io e mia madre in palestra, io che aggiusto un articolo.

E poi sempre io al volante a gustarmi il miracolo. Della mia pessima guida. E sempre io che tento di non incazzarmi quando pare che tutti fanno ritardo e nessuno mi caca. Neanche quello che mi aveva detto “ non te ne incaricare, prenoto tutto io  e io gli avevo risposto grazie si n’ omm”.

E invece eccolo lì in mezzo agli altri ad urlare “Sorpresaaaa”. Ecco un terrazzo, le candele,  le rose sherrybrandy, i petali sul tavolo, il rumeppera, le tartine e le tortillas, le fragole meringate, le amiche che cucinano e le amiche che le guardano e io che guardo tutto e tutti. Quello che si ubriaca, quello che fa la vedetta, quello che sta triste, quella che si fa il culo tanto, quella che mi abbraccia, quella che deve dire sempre qualcosa. Quello che ci scordiamo di andare a prendere a casa. E sento.

Sento la primavera. Finalmente.

Strani giorni

Ci sono giorni in cui il passato si ferma al tavolino di un bar, davanti ai caffè e agli aperitivi. Di questi giorni mi godo la sensazione di arrivare allenata, come se per anni avessi corso una lunga maratona mentale. Ho macinato chilometri di domande. E ho corso così tanto che ora delle risposte non me ne frega più niente.

 

Ci sono notti in cui te ne vai. In cui esci in accappatoio e infradito con le macchine che sfrecciano in mezzo al bosco. A piedi nudi cerchi una pozza d’acqua calda arrancando nel buio delle rocce. Afferri il piede di uno sconosciuto e immagini  dietro ai vapori  scenari turpi e riti tribali. Vorresti che le pietre ti tagliassero la pelle per capire che è tutto vero. Distesa ai piedi di una cascata intravedi  forme di solitudini mascherate da innocenti divertimenti allo zolfo. L’acqua che cade sulle caviglie calma gli istinti di sopraffazione animale. Ti vesti in auto a ritmo di musica. Uh, un capriolo.

Strani giorni, viviamo strani giorni…

telec 'Omm

Se le aziende di telecomunicazione sono lo specchio di un paese, allora gli uomini italiani:o se scazzano o ce provano.
Questa teoria scaturisce da un’indagine condotta su due operatori di call center osservati nell’approccio alla cliente donna (io)  a distanza di qualche minuto. I fatti.
Telefono al servizio assistenza di Telecom Italia per sapere come mai i miei computer hanno le mestruazioni lo stesso giorno e non si connettono. Entrambi.
Digito i soliti settantuno codici, ascolto il jingle scassacranio, resto in attesa dieci minuti in compagnia della voce femminile che ha registrato a botta di anfetamine e antidepressivi. Che culo.  
Mi comporto da cliente ideale immolandomi al rituale identificativo che ha come unico obiettivo far guadagnare tempo all’imbecille che scava nel database in cerca di un problema simile al tuo. Attacco la mia pippa: mi chiamo Alda F., ho l’abbonamento flat, no non è intestato a me, si i modem li ho presi alla Telecom, si si  sono attaccati bene, eccetera, bla.
 
Operatore 1: annoiato, sbadiglia mentre parlo, a tratti si spegne mentre lo immagino con le dita nel naso a fare il solitario di carte francesi. Non mi ascolta e non fa che ripetermi attenda un secondo, facendo finta di battere sui tasti. Responso: i modem sono taroccati, per questo non funzionano. Reazione della donna rifiutata. Gli dico che lui lì viene pagato, che me ne sbatto che è domenica e lui ha mangiato pesante, che io il pc lo uso per lavoro e mi serve subito e che preferisco essere trattata come una ritardata a cui spiegare l’abc delle periferiche di connessione e delle usb anziché farmi sentire un peso sociale nonché discriminata perché sono di Napoli. Nessuna risposta. Allora io: Davide  avrai una bella nota negativa espressamente indirizzata al tuo team leader o supervisor o come cavolo si chiamano quelli sopra di te e la tua carriera da oggi è finita.
 
Operatore 2: squillante, divertito, parla in dizione, piacione. Mentre mi chiede le generalità e invia impulsi elettrici al mio modem ( fantascienza?!) ironizza sulla telefonata precedente di cui il collega lo ha già informato ( fantascienza?!). Vuole sapere se le lucine del modem che lui chiama con una parola inglese difficilissima sono rosse, verdi o gialle, se lampeggiano o sono ferme e mi sorridono. Nel bel mezzo del gioco del semaforo che mi stava divertendo così tanto mi chiede anche il numero di telefono, così, se ci dovessero essere eventuali comunicazioni dall’azienda, non si sa mai. Reazione della donna cacata: riaggancio. Dopo avergli ricordato che il numero ce l’ha già. Di casa.
Alda F.  
 

Le cose che non sapete

Sciuscina, blogger estimada como el corazon espinado, dice che non mi posso sottrarre.
Dice che certi blogger scelti da lei, tra cui io, devono scrivere “ le cose che non sapete di me”.
E io non mi sottraggo.
Allora.
Le cose che non sapete di me.
Le cose che non sapete di me sono meno di quelle che io non so di me stessa.
 
Sono un dalmata: Se fossi stato un personaggio della Carica dei 101 a passeggio con il suo cane nel parco, con me ci sarebbe stato un dalmata. Siamo praticamente identici, come si vuole che lo siano un cane e il suo padrone. Abbiamo un milione di macchie per tutto il corpo anche se siamo nati monocromatici. Io rosa, lui bianco. Poi a me sono spuntati migliaia di nei e lentiggini, a lui le macchie. Io e il mio cane immaginario siamo come l’orzoro che non si squaglia perché il latte non è abbastanza caldo. A pois. Al neo-n. Imperfetti. Lui non può sbattersi troppo perché cade malato, io giro con lo schermo totale in borsa. Una chicca per i perversi: abbiamo entrambi una macchiolina proprio lì.
Adoro Emilio Fede: Si, adoro Fede. Il suo essere così palesemente arrapato. La sua somiglianza con Smith, il serpente di Robin Hood della Disney. Il suo fondotinta, la postura rigida e il Tg con piano all’americana. Il suo telegiornale mi fa impazzire, è il miglior prodotto di infotainment della Tv italiana. Bevo alla fonte dei commenti in cui sguazza, dei lunghi sguardi alla camera, delle finte pause, dei lanci alla strafiga del meteo. Fuori dalle riprese lo immagino nudo con scettro e mantello, attorniato da drag queen lucidissime che lo fustigano sulla scrivania con foglie di betulla.
Tendo a legare con gli scoppiati: Dopo aver stretto col femminiello bello che batte a Villa dei Misteri che mi ha conquistata con un “ Nennè, fatt allà chist nun è post pè te (Fanciulla spostati, ci rovini la piazza) attualmente sono la migliore amica del padre del barista di Soccavo che mi racconta davanti alla cassa del suo passato di conducente d’ autobus. Il pazzo del paese mi chiama Sara Sei. E una delle persone che stimo al master da piccola non beveva CocaCola alle feste perché “ l’Aranciata resta sola e si dispiace.”
Raggiungo orgasmi multipli nel pariare su Melissa P. Per questo mi firmo Alda F.
Mi piacciono queste iniziative tra blogger. E con questo sono arrivata anche io a cinque cose che non sapete.
 
 
 

Io e te 3 Mdp

Tu, uno su quindicimila.
Altro che tre metri sopra al cielo.
Quindicimila banchetti del Monte dei Paschi per cinquanta scienziati della com. Quindicimila speranze di un posto per quattro anni. La-vo-ro. Busta paga, tredicesima, occhiali da vista spesati perché se schiatti davanti a un computer per le agognate ottore mammazienda ti protegge. Ammèn. Con la giacchetta. Col punto luce che ti hanno regalato alla laurea o ai diciottanni. Con le unghie sempre curate e le cartelline plastificate in mano.
Quindicimila seggiole traballanti alla Mostra d’Oltremare. Femmine che sognano di andare ogni venerdì dal parrucchiere per trasformare i boccoli depressi in un frangettone piastrato. Maschi che indossano il vestito della comunione anche se non è un colloquio. Che si sono fatti la barba pure se hanno dato solo tre esami al nuovo ordinamento. E piove pure.
Con l’ombrello sottobraccio, attraverso una lunga distesa di ticcaioli, ballerini di Sant’Antonio, calabresi, calabroni e potentini claudicanti. File alle toilette, messaggini di in bocca al lupo, pizze e cornetti. Lo speaker senese mi ricorda col suo accento un simpatico prof. dell’università. La sua voce asettica mi trascina lontano.
Eccolo l’odore di LysoForm della banca, la scrivania in rovere con il mio portafotografie optical, i colleghi che mi portano il caffè.
Chiudi gli occhi, Merincontraria. Potresti essere tu.
Cerco di dimenticare derelitti, vrenzole e secchioni con gli alpha test sottobraccio. Respingo la loro negatività e i loro sogni che si accavallano al mio. Trentamila sogni tutti uguali divisi in due turni da quindicimila.
Magnatavell’ n’emozione guagliù. Il tempo scorre.
Per fortuna che quando la mia caveza rinviene dal foglio e dai cubi logici, ci sono wlemetafore, simonab e piccolasophie. Ridono. Ah Ah.
Rido. Felice di aver partecipato, triste per la morte di Baudrillard. Perché se oggi era l’altro ieri, che giorno sarà  dopodomani?  
Alda F.

sverginata surrealista

Mi piace poter essere laconica. E allora scelgo poche idee da svuotare scaricando tutto il resto nel tubo del non detto. Flush. Nella mia scala di valori di venerdì  Pippo Baudo batte David Lynch. Meglio Elisa in versione circense circondata da un gruppetto di bambini scodinzolanti che la ricotta che esce dallo stomaco del feto/mostro di Erasehead. Meglio l’accondiscendenza da un milione di euro della Hunziker del pollo che caccia sangue nel piatto. Meglio le tette strizzate di Penelope Cruz che i vermipeli sotto il termosifone. Per non parlare delle guance di gesso della donna/paradiso, peggio del tatuaggio nazional popolare di Michelle. Peggio, addirittura. Nella mia scala di valori venerdì sera è stato più salutare di venerdì mattina. I lustrini di un’Italia cattolica sguainata in abito da sera hanno vinto sulle seghe visionarie di un grande, grandissimo cineasta con cui ho avuto la mia prima volta. Ora non sono più Lynchillibata. Sono una sverginata surrealista Peccato durante l’atto ho messo i neuroni a mollo. E nel momento refrattario, avevo il festivàl.
Alda F.

post it

Ballare davanti allo specchio fino ad avere il fiatone. Pensare sotto la doccia che se x muore non ci hai parlato abbastanza. E se la morte ti fa bella, la felicità di più. Avere paura che quello che oggi senti al telegiornale domani succeda a te. Comprare Anna perché ha la copertina patinata ma costa solo un euro. Ascoltare quella canzone pensando che quella frase non era dedicata a te.  Lasciare il computer acceso e trovare sullo screen una foto di San Pietroburgo che avevi dimenticato, altri sorrisi, un’altra te, quanti anni fa. Pochi, tanti. E poi quella malinconia euforica, che si attacca addosso come un acaro, che dorme sottopelle mentre il governo è in crisi e la gente d’Italia si attorciglia su se stessa. E quel sole di mezzogiorno quando ti sembra di stare in piedi da dodici ore ma sei contenta di esserti alzata dal letto anche se non ce la facevi. E svegliarsi e riaddormentarsi, combattendo con la narcolessia e l’ansia del giorno dopo. E camminare con la faccia della cinese nella testa che si caga sotto nel cesso pubblico di Villa dei Misteri e tu la sorprendi mentre si pulisce. Notando l’imbarazzo di Ambra Angiolini che si sfrega le mani mentre Cocaventura intervista gli altri ospiti di Rai due.
Alda F.

Single party

Ogni fine settimana Merincontraria frequenta un corso di socializzazione da strada. Il titolo dell’ultimo modulo era: come cavarsela in una festa per single in cui sei capitato a tradimento. Numero di crediti:6.
Una festa per single è un raduno di egocentrati che combattono la depressione da weekend con la caccia istituzionalizzata dell’anima gemella.
Perchè il rituale funzioni sono necessari:
a)      un locale sperduto dell’ hinterland con bancone all’americana  
b)      musica latina intermezzata karaoke ( nella variante di k. cumulativo con abbraccio e foto di gruppo da caricare sul sito del locale)
I single si incontrano su una colonna sonora che un dee-bar coi boccoli d’oro ( primate nato dall’accoppiamento tra un dee- jay e una cantante di piano bar) pensa possa metterli a loro agio. Al ritmo di “Brasil” e “ A e i o u ipsilon” , una Pr col frangettone e una cravatta di finti swaroski, si lancia nelle presentazioni trascinando da un capo all’altro della sala i soggetti più timidi.
Sai, la sua ex ragazza, abitava nel tuo paese.
Lui sta scendendo da Firenze apposta per la festa.
Mi hanno dato la conferma in 100 per la serata.
Vi siete già incontrati?Hai visto com’è piccolo il mondo?
Queste e altre conversazioni standard sono interrotte dal single incallito che dispensa alle sue prede il cocktail dell’amore: vodka alla fragola e prosecco.
La pr incrocia le maestranze accompagnata da una valletta tuttofare delusa per l’impossibilità logistica di allestire una messaggeria con gli scatoloni che si trascina da inizio serata.
Intanto il single incallito tormenta le prede di cui sopra con facendo sparire i loro bracciali e fermagli e improvvisando altri giochi di prestigio.
Le regine della festa sono comunque la ragazza con capello frisè e la ragazza col collo di pelliccia imporpato di Tesori d’oriente alla mirra.
Sono loro che tessono le relazioni più fruttuose gustando un tortino al torrone mentre le prede che hanno sviluppato nel frattempo la fobia del single incallito si rifugiano sotto il bancone finendo nella lista nera della festa.
Col karaoke si raggiunge la vetta . Sulle note di “come saprei” e “fammi godere” i partecipanti superano con soli 15€ di mangiaebevi la loro depressione. Non solo possono limonare una ragazza col frisè ma hanno anche un gruppo di amici felici con cui dividere il microfono.
Il dee-bar boccoli d’oro si unisce al gruppo arruolando coriste incomprese per il prossimo disco prodotto da mammà e papà.
La festa finisce con le coppie ormai consolidate che si scambiano la fedina a ritmo di Pampa, repitelo, Pampa e  Tipitipitero.
Alda F.
 
 
 

immunità infantile

Tu ti trovi un attimo in treno, no? E il treno in quell’ attimo brucia. Sale il fumo, la gente scappa, già si pensa ad un attentato terroristico. E’ solo un freno bruciato. Peccato che non te ne accorgi. Sei talmente presa dalle puttanate che dici che neanche la senti, la puzza. A te te ne fotte solo delle emozioni. Se fossero commestibili mangeresti solo quelle. Gnam Gnam. Hei ragazzina, spaventati, qui c’è gente che  si tappa il naso e piange. Mi dispiace, mi dispiace, non è colpa mia. Il mio problema è stato leggere a nove anni  "Volevo i pantaloni" di Lara Cardella, spiego. E’ stata l’iniziazione al romanzo, dopo la Pimpa sul Corriere dei Piccoli. Sapete che  letteratura significa trauma infantile? Non ditemi che non vi piace Lara Cardella. Dopo Lara Cardella io sono invulnerabile, ho sviluppato l’immunità,  non come voi che frignate per un pò di fumo. E smettetela di spingere, perpiacere. Tanto il treno riparte.   

Alda F.