Category: Insalata mista
Gomorra Crisp
Uno, due tre, cento schiaffi prima di andare a dormire.
Bangt Bungt.
E stasera non ce la facevo a pigliarmeli.
Io ero andata a cinema solo per vedere Toni Servillo.
E invece la gente si mangia le patatine sulla tragedia e sull’arte.
Si mangiano le patatine sui sottotitoli al nostro dialetto.
Sui muccusi che guidano i camion.
Sulle scene dello smaltimento dei rifiuti inserite a posteriori.
Sugli amori che non hanno tempo di amarsi.
Sulle lampade che illuminano gli spari.
Sul gruppo animale e su quel senso di insicurezza che ti dà l’adrenalina.
E la voce rauca.
Pur’io ce l’ho per l’ansia di vivere.
Nessuno spiraglio per quelli di Gomorra.
Un cesto di mele in un campo di grano.
Roberto che si allontana.
Chissà Roberto vero, Saviano, dove sta.
Vorrei dirgli: bravo robbè hai fatto una cosa epocale.
Ma gliel’ha già detto Enzo Biagi e basta e avanza.
Allora vorrei dire a Garrone: vai a girare un documentario su quella gente di merda dei tuoi spettatori che sul film per cui hai buttato il sangue, ride e si magna le Chipster.
Summer_t_aime
Summer_t_aime:la brutta fine di Summertime
Avanza. L’estate. Marciando.
Sulla stanchezza.
Sudano i piedi nelle ballerine.
Escono i pipistrelli dalla galleria della stazione.
Cammino con le mani in testa per paura dei pipistrelli.
Ho bisogno di occhiali da sole graduati.
Pedalano i ciclisti pompando le vene dei polpacci.
Il polline della voglia d’amare pulsa come il sangue nelle vene dei ciclisti.
Vorresti dormire senza mutande e combatti con pigiama di flanella.
Le giornate si allungano e avanzi marciando sulla stanchezza.
Driin. Sveglia. Sogni solo quando dormi da wlemetafore.
Ed è strano andare a lavoro con le amichette e il sole in cielo pieno di raggi ultravioletti.
Balli pizzica e tammurriata sul mappamondo: che si fa quest’estate?
Si fa, non si fa. E Londra sembra sempre lontana e allora ti perdi nei racconti dell’India e del Messico degli amici ricchi.
Nuovi nei e nuove lentiggini spuntano. Ma sono particolari!
Preferisci il succo d’arancia al caffèllatte.
Hai nuova chiavi, una scheda magnetica con cinqueuro di ricarica mensile, nuova scrivania, nuovo panorama, nuovi colleghi, nuova guida tra le curve della campagna e già che ci sei metti pure la quinta.
Avanza l’estate e quasi penserei a un motorino.
Quasi però.
Sono troppo stanca.
Con ancora un bustone d’inverno da catalogare.
Lana. L’inverno s’ allontana.
E su questa bella rima di prima elementare chiudo.
After life

Prove generali
Song' Je
Oggi mi piaccio. Che se fa caldo mi sfilo il giubbotto e se fa freddo me lo rinfilo. Oggi mi godo una coperta di pile e il rotolino che esce in palestra. Il tempo cambia, le nuvole vogliono piovere afforza, ma non mi irrito. Ma proprio non mi irrito e dico quello che voglio dire e faccio quello che voglio fare e sposto lo step perché se no quella dietro non vede. Sono gentile, sono garbata e io di solito non lo sono. Mi piace dire esulare e mentre lo dico stranamente non mi sento pesante. E niente. Non mi sforzo di vedere la mia direzione. Non vedo niente. Ma proprio i confini della mia vita non ci stanno. Neanche a matita. Neanche in controluce. Cancellati da una gomma. Niente. Però oggi non mi preoccupo. Perché fondamentalmente una vita a pastelli e acquerelli non mi interessa. Eppure quando mi piaccio come oggi mi piaccio a tinte forti con lo smalto fucsia e una spilla a forma di fiore e due bollicine in faccia. E prima o poi andrò a Tokyo. Fosse anche col salvadanaio di dueuro. E mentre l’ oracolo prevede schiaffi e l’oroscopo mi dà un 9 in salute non ho paura della solitudine. Mastico la testa del gambero con la salsa di soia. Ma non perchè voglio fare l’originale a tutti i costi come dice mio padre. Io non sono Marina Rei che quando canta Song je in napoletano è fantastica e va a Sanremo a piedi scalzi.
Addò stanno ‘e parole ca’ ce fanno sunnà?
Addò stanno ‘e parole ca’ me fanno addiventà chello ca songo già?
Ma mi piaccio lo stesso.
Song’je…song’je, nun tengo ‘a paura ‘e restà
Pecchè tengo troppo ‘che ffà…
Spring
Fisciano 2/bis
Due anni fa a quest’ora Merin si sfilava il suo primo tailleur per incellofanarsi in un vestito di Pinko ovviamente comprato in stock e festeggiare la sua laurea in un posto cafonissimo ma ripulito con amici e parenti. Cento. Come la ruota di Iva Zanicchi.
Post Pasqua
Sottotitolo – Il folletto delle feste
Il folletto delle feste è colui/colei che ama la festa perché la festa è dentro di lui. Il folletto delle feste riesce a coinvolgere nello spirito della festa le persone come Merincontraria che a Pasqua e Natale si svegliano sempre incazzate perché dai giorni precedenti e post_cedenti alla festa vorrebbero chissà che cosa. Il folletto delle feste è la mia amica bambina prodigio che i giorni di festa si veste come le bambole e sorride e saluta tutti felice e mi guarda con gli occhi grandi quando dico che il venerdì santo mi sono sognata nel vomito a pezzettoni Valfrutta. Il folletto delle feste è la pioggia di Marzo, il casatiello di zucchero, la gara delle pastiere, gli abbracci delle cugine eddai Merin’ e ddammi na buona notizia, la confusione di dentro, chi viene e chi va, l’eterno ritorno, l’uovo di cioccolata fondente, i vicini di casa, la forma del Sud, gli appiccichi dei genitori, le processioni, il mare d’inverno, i voltabandiera, gli equilibri degli altri, le casa degli altri, la pasquetta sudata, i che stai facendo, l’asfalto bagnato, i capelli di fumo, la gente di piazza che io guardo lontano. Il folletto delle feste è la magia di stare davanti al camino col vermouth in mano come se Pasqua fosse Natale e la primavera inverno.