Category: Love tattarattarà

Matrimonio borbonico

Matrimonio borbonico non significa cafone. Vuol dire piuttosto matrimonio del Sud. Gordo, tronfio, pieno di canzone e di mare. Come nella migliore tradizione partenopea.

La sposa borbonica va all’altare in carrozza perché la semplicità è un concetto sopravvalutato. Il cocchiere, i cavalli bianchi e il traffico di mezzogiorno. I paesani che infilano gli occhi stretti anche nelle crepe dei muri per ammirare e criticare.

Ma la sposa borbonica non se ne fotte.

Si accomoda nei suoi tre metri di tulle e si fa portare, come una baronessa dell’ottocento.

Il prete borbonico, quello dei grandi pulpiti, fa tardi, nel panico generale. Fa caldo e tutti lo danno per morto. E chi la sposa alla sposa borbonica, mò?

Ma il prete arriva e la sposa borbonica raggiunge l’altare a suon di tammorre e nacchere. Essì. Lo voglio. E si sventaglia.

Le foto borboniche si fanno sorseggiando limonata al chiosco della spiaggia. La sposa borbonica, circondata da paggi e damine, si mette in posa giocando col vento e col tulle. Comm’ site bella signurì. Ma fa caldo, spogliatevi, così vi preparate alla prima notte.

Gli invitati borbonici aspettano stoicamente a ristorante con i palloncini bianchi in mano. I musicisti suonano, i cantaores cantano e i bailaores ballano intorno alla sposa e allo sposo borbonico.

Il matrimonio borbonico non conosce silenzi.

Messe cantate, fuochi d’artificio, lanterne, tamburi, canzoni napoletane, concerti moderni, teatro, grasse risate e lacrime di passione.

La sposo borbonico suona mentre la sposa borbonica balla volteggiando tra mille dame che le tengono l’orlo del vestito.

Ecco cos’è il matrimonio borbonico: un lungo girotondo estatico in una nuvola di tulle.

La voglio fa’ ‘na lettera a lu sole
Ch’ a questo ggiorno non calasse maje
E ce lo voglio fa’ lu ggirasole
Bello cantare dove ggir’ e vvaje.

Nel nome dei Padri

e delle love stories  nate dal cilindro metropolitano

Stasera guardavo dopo tanto tempo Un posto al Sole, fiction per la quale – con immenso onore – ho lavorato. Speravo che la puntata fosse stata sceneggiata da una mia ex collega, Brunella Voto, ma poi ho dimenticato di guardare i titoli di coda perché mi sono assorta in.

La riflessione della sera è: quanto avremmo più bisogno dei padri di un tempo.

Mi spiego: Raffaele (Patrizio Rispo) consigliava accorato ad Andrea, l’ex della figlia Viola, di confessarle i suoi sentimenti se sentiva che erano gli stessi di un tempo nonostante le relazioni di entrambi.

Ma quanti sono i padri oggi che parlano con gli ex fidanzati o con i fidanzati stessi?

Mio padre che è un padre presente ha conosciuto solo uno dei miei ragazzi e ha vissuto gli altri (pochi) importanti solo dai miei (vaghi) racconti o dalle telefonate rubate a mia madre ora che viviamo a 800km di distanza e 4h e 10 min di Frecciarossa.

 Il bello delle storie d’amore vissute in città è fare quell’incontro nella miriade di migliaia di possibilità di incontri. Ma il brutto delle storie di città è quello di nascere senza riferimenti. Mi rendo conto solo stasera che ho solo due numeri di telefono di amici del mio ex.

Senza inneggiare ai matrimoni combinati, mi affascina l’idea degli amori nati in paese anni fa in cui si chiedevano informazioni e con due parole si sapeva vita morte e miracoli di lui e della sua famiglia.

Mi piace l’idea dell’incontro tra le famiglie e delle paste della domenica.

Mi piace l’austerità dei rapporti di un tempo e della risposta delle mie nonne, entrambe vedove, sempre la stessa, assertiva e coraggiosa:  unico Dio unico uomo, ci voleva un coraggio a mettere tre figlie femmine adolescenti davanti a uno sconosciuto.

Uno sconosciuto, appunto.

Scegliere da soli il proprio partner è una gran conquista e senza i padri di un tempo ogni scelta è revocabile e non si rischia di restare nella trappola di un matrimonio sbagliato o violento o cosa.

 Ma senza i padri di un tempo e la loro fitta rete di informazioni, ti butti nelle storie di città senza protezione e quando la storia finisce non puoi che sorridere se il padre di oggi ti dice non posso giudicare perché non lo conosco (mio padre no, ma lui è un padre di un tempo che ha imparato a fare il moderno.)

Santo sia Valentino!

Storia di due cornetti mai sfor|nati

Se ieri mattina il mio ragazzo mi avesse svegliato con due croissant caldi di forno sussurrando: buon San Valentino amore, allora forse non sarei dovuta ricorrere a tutta la potenza di Milano quando ti metti in testa “stasera voglio davvero fare qualcosa, esco”.

Perché io di questa città dico peste e corna, ma quando vuoi fare davvero qualcosa e ti impegni a stare sul pezzo per le 18.45, allora devo ammetterlo, Milano è proprio una città imbattibile e può regalarti grandi soddisfazioni.

STEP 1 – HAPPY HOUR WITH LOVE

Ancora una coda di saldi e via con l’aperitivo. La panetteria adibita a,non ci va, ci lanciamo su un localino spagnoleggiante con buffet modesto ma ambiente relax. Io e la mia amica finiamo in un tavolo da quattro con una simpatica coppia in cui lei ha portato una rosa a lui e lui a lei niente (è proprio vero che i tempi sono cambiati). All’idea di dividere il tavolo con una non-coppia o coppia lesbica, i due si fanno una gran risata e lei si limita solo a dire: questo San Valentino è iniziato proprio strano. Olè! Vamonos! Salute companeros!

STEP 2- PIT STOP AL BAR PICCHIO

Decidiamo di fare un saluto a Carmen, la simpatica coetanea, precaria, ex praticante, figlia dei gestori del Bar Picchio di Via Melzo, una tabaccheria che fa anche l’aperitivo, un posto che si è fermato nell’arredamento agli anni ’60 e dove vigono solo due regole: disordine e simpatia. Carmen ci offre una mozzarella in carrozza appena sfornata da mammà anche se non volete consumare e ci mostra orgogliosa le recensioni sul locale mentre il papà rovescia le patatine sulle schedine del fantacalcio. Felix il fratello fa il faraone tra le coppie radical che hanno deciso di festeggiare Valentino con uno sprits+ pasta al sugo a 3 euro  e gli avventori si susseguono caoticamente al bancone per ordinare due gocce di flemma decadente: (Carmen) vi chiedo di pagare prima se no ci dimentichiamo!

IT’S THE FINAL COUNTDOWN- PALAZZO PIRELLI

E vuoi che ci facevamo sfuggire la possibilità offerta dal comune di Milano di salire GRATIS per San Valentino sulla terrazzo di Palazzo Pirelli? Eccoci al 39esimo piano, non senza qualche vertigine e ansia da speedy ascensore, ad ammirare il panorama postmoderno di Milano imbiancata, dalla stessa altezza di Oh mia bella Madunina. Le coppie limonano e il piano bar canta, ma io mi sento proprio realizzata di fronte alle lucine, le geometrie dei palazzi e le guglie in lontananza. E’ mezzanotte, mi sento realizzata di fronte alle pareti a specchio e non sono a Berlino.

Menomale che quei cornetti non sono mai arrivati.

My Funny Valentine…

Tutto quello da non fare  il giorno della festa degli innamorati

Mai dire di essere contro la festa degli innamorati. Mai. Mai andare a cena la sera prima della  ricorrenza per evitare il menù all inclusive in ristoranti col piano bar affollati da coppie che non ridono e si scambiano il cuore a metà. Mai andare a Ikea il giorno della festa degli innamorati, fingendo che sia un giorno “normale” in cui fare acquisti “normali”. Per di più nel non luogo per antonomasia: il centro commerciale.

Ecco cosa subisce chi sabota la festa di  San Valentino (che, non dimentichiamolo, resta pur sempre un santo coi superpoteri):

non trova una stazione radio in cui non si parli di corna

sbaglia tre volte strada finendo nel traffico da rientro e nelle tangenziali cattive di Milano sud-ovest

riceve come regalo solo sindrome pre- mestruale 100% con pianto annesso nel bagno dell’Ikea

costringe l’uomo in questione a fare picci picci bau bau nei corridoi del centro commerciale per non mandare a monte -causa sindrome- l’ora di traffico, i rivoli di tangenziali e il training psicologico da “ok, oggi la porto a Ikea”

 (ndr. Picci picci bau bau: effusioni pubbliche)

 finisce all’assistenza clienti per un copripiumino a pois gialli creduto in saldo e deve fare la prassi per il buono cambio un quarto d’ora prima della chiusura

rischia di mangiare le superbe meatball Ikea in un setting di tovagliette di paglia e tulipani cartonati con  bambini urlanti che vanno e vengono dallo smallhand

 rischia di finire a mangiare in un RoadHouse della tangenziale

finisce al Mac Donald per un take away da consumare davanti al trash del Grande fratello e vede le coppie che davvero festeggiano nel puzzo di fritto e allora pensa che in fondo questo San Valentino non è stato poi così male.