Category: Natale

Canto di Natale

Caro Gesubambino,

questo Natale è iniziato caseriando, l’abitudine che ci sta qua di andare casa per casa a fare le visite. In queste case fa sempre freddo e in alcune si fuma pure dentro e allora non resta che mettersi in un pizzo (angolo) e ingannare il tempo – il tempo lento del Sud- con caffè e mustaccioli.

Sul salotto di mia nonna si litiga perchè quest’anno il fornaio ci ha fatti fessi. L’impasto dei roccocò non suona in bocca e ci sono troppe poche mandorle. Solo mia nonna, caro Gesubambino, riesce a mangiare i roccocò senza denti e solo a casa di mia nonna, la pizza di scarole cresce, riuscendo a sfamare dodici persone, tra cui la zia zitella di turno e la sora cucina – essì perchè qua i cugini delle vecchie generazioni sono sore e fratri – che non perde mai l’appuntamento.

Comunque se non ci credi che la pizza cresce, tu che fai i miracoli, vieni a mangiarne una fetta pure tu, ma te lo dico già, non lamentarti di uvetta passa e pinoli perché mia nonna Anna, che si chiama come la madre e la figlia, non vuole sentire ragioni sull’alterazione delle ricette tradizionali.

Io intanto, mi sono dimenticata la patente a Milano, ho guidato lo stesso su una strada che sembra che l’acqua di mare ti entra nella macchina, ho risentito lo squillo del telefono fisso e delle ripetute, incessanti bussate di porta e di citofono, ho avuto due tre crolli narcolettici e sono pure caduta malata.

Quello che mi è dispiaciuto quest’anno caro Gesubambino è non averti visto nascere e non aver ascoltato con la candela accesa in mano la storia della mangiatoia e del bue e l’asinello che mi piace sempre tanto.

Ma per sopportare pure il freddo della Chiesa, caro Gesù, ci sarebbero volute tre confezioni di Tachipirina e lo sai che io li odio i farmaci.

Il problema di qua non è mai fuori, è sempre dentro. E’ proprio una questione di umidità e di rifiuto ancestrale del termosifone.

Comunque caro Gesubambino se ti ho scritto queste cose è solo per dirti che anche con il freddo addosso io questo Natale svuoto il mio cuore e te lo dedico.

Riscaldalo, mettici il buio e la luce, i pinoli e l’uva passa, l’umiltà, la speranza e la voglia di amare. Toglici l’insoddisfazione, fai crescere e moltiplicare questo cuore come la pizza di scarole di mia nonna e danne una fettina in grado di saziare l’anima di tutti quelli a cui voglio bene.

Buon Natale,

Merincontraria

Season’s friends

E’ da giorni, giorni convulsi e lunghi e inspiegabili a chi si lamenta che non rispondo a telefono, che mi porto dentro un concetto.

Non esistono amicizie per tutte le stagioni.

Questa frase, buttata lì da una mia amica mentre montavamo un comò Ikea, mi ha accompagnata per giorni. Mi ha fatto interrogare sull’avvicendarsi di tanti per sempre. Mi ha risucchiato nell’ adolescenza – la comitiva- e mi ha fatto fare la mappa del mondo in testa, facendomi pensare a dove sono i miei amici ora. A chi non vuole tornare. A chi sta per partire. A chi ho ritrovato quando ho sbattuto la porta del mio monolocale. Alla solitudine di certe giornate al mare. Ad un trekking d’Ottobre che ho scolpito nelle risate e nell’immagine di una bottiglia di vino lasciata a raffreddare tra i sassi. A chi mi ha scippato indietro. A chi mi ha preparato la prima cena quando poi sono ritornata. Alla casualità e ai miracoli. Agli incontri nel tram, per strada. Agli intrecci delle vite. Alle persone che orbitano come satelliti. Amici di amici che poi ritrovi lì, nel 3 o sotto un ombrello. A chi ti porti dentro, perché sono troppi anni, siete cambiati, ma ormai non se andrà mai. A chi, comunque vada, ti prenderai un prosecco su una terrazza. A chi con cui una pizza ci uscirà sempre. A chi basterà uno sguardo per intendersi. A chi una parola. A chi ti ha offerto un passaggio in motorino e non c’è stato tempo di conoscersi. A chi la vita ti regala e ti porta via. A chi fai le bollicine e poi ti sfiati. O si sfiata. A chi ti saluta in silenzio ogni pasqua e natale come per punirti che poi tu entri ed esci da quell’ amicizia. A chi con cui hai condiviso tempo. A chi proprio non ti capisce.

Non esistono amicizie per tutte le stagioni.

In alcune semini, in altre raccogli, in altre pretendi.

In altre ancora sei spavaldo e non ti accorgi. In altre sei fragile, non hai cose che gli altri hanno, hai cose che gli altri vorrebbero. E piangi.

In alcune stagioni semplicemente è tutto gratis. E ridi. Si dà e si riceve sulla stessa impalcatura. Ci si plasma.

Secondo me ora è il momento del caffè. E facciamolo.

Ci si scambia.

E quando si arriva a quel punto, quando sei nel pieno di una season’s friend, si diventa banalmente migliori, con solo la fatica di essere se stessi sparecchiando la tavola.