X – Mas

Marco Lodoli (1956 – vivente), scrittore e giornalista italiano.

Anche quest’anno è andato tutto bene. Io ho avuto un paio di cravatte, un libro, l’ennesimo rasoio elettrico. I bambini hanno cominciato a giocare sul tappeto con i loro attrezzi elettronici, mentre mia moglie faceva girare gli aperitivi. A tavola, come al solito, abbiamo un po’ litigato parlando di politica, esattamente come ogni anno. La più grande delle mie nipoti, ha quasi diciott’anni ed è ribelle e arrabbiata come lo ero io, vorrebbe un mondo in cui tutti fossimo in pace, senza poveri, senza esclusi. Questa vita è ingiusta, ha detto, butta via la gente, la fa morire. Nessuno dovrebbe morire, ha gridato. Per riportare un po’ d’allegria a tavola, mio cognato ha raccontato come sempre due barzellette. Una era la stessa dello scorso Natale, ma nessuno l’ha interrotto. Dopo il panettone e il caffè, ci siamo sistemati sui divani per continuare a chiacchierare e bere un cognac. E dopo mezz’ora le parole sono iniziate a mancare ed è scesa la malinconia che segue la festa, qualche bambino sbadigliava tra i fogli accartocciati dei regali, e allora io ho acceso la televisione. (da Natale)

Merincontraria ( 1982- vivente ) ,  aspirante ragazza felice che ce l’ha messa tutta ma che a Natale va in ansia da prestazione.

Anche quest’anno è andato tutto bene. Io ho avuto una collana etnica, orecchini romantici, pantofole fashion, perizomi da combattimento, il primo carillon della vita mia, l’ennesimo regalo riciclato. Un tubo dell’acqua è scoppiato all’improvviso, ci siamo allagati e mia mamma ha compiuto 52 anni su una torta ricotta e pere a cui mancava una fetta e che io ho coperto col pungitopo pungendomi tutte le dita e bestemmiando tutti i santi. Mio zio, come al solito, ha parlato dei fasti dei tempi che furono, accentrando la discussione, e noi l’abbiamo guardato con occhi ammirati, esattamente come ogni anno. Mia cugina piccola ha toccato tutte le mie cose e ha voluto che le facessi i ricci. Poi ha pianto perché mia zia stava in ospedale. Per riportare un po’ di allegria a tavola, abbiamo cantato tutti oh happy days con la mano sul cuore come dei veri gospel negri e abbiamo fatto l’applauso dopo la poesia. Dopo i roccocò e il limoncello, qualcuno è andato alla messa di mezzanotte, qualcuno (le femmine) ha lavato a terra, qualcuno ha fatto un rutto al retrogusto di baccalà. E dopo mezz’ora le parole sono iniziate a mancare ed è scesa la malinconia che segue la festa, e allora io ho acceso la televisione, poi la radio, poi il telefonino e poi mi sono messa a scrivere sul blog.

11 comments

  1. anonimo

    La malinconia è tipica del Natale,o no? Un’amica tempo fa mi ha detto “Marianna, si cresce”…ma fa niente, a me la malinconia natalizia mi resta..preferivo vedere il mio nonnino vestito da Babbo Natale che entrava con la sacca dei regali…nel frattempo mi arrangio, riempiendo le giornate natalizie di piccole cose, così mi dimentico il resto! ..e cmq, completino sexy in regalo dalla mia mamma…potrebbe essere un segno del destino..

    Buon Natale Alda,

    Mariannina 🙂

  2. wlemetafore

    Il fatto è questo. Quando la malinconia ti prende il pomeriggio del giorno di Natale è un fenomeno naturale connesso all’essenza stessa della Natalità. Quando ti prende già la vigilia è più grave. Io all’una di notte mi sono messa nel letto e mi sono messa a piangere. Ma tutto bene. Ora ti chiamo così ti do’ il regalo promesso sei mesi fa e abbaimo fatto pure questo Natale.

  3. lablondette

    allora è vero……anche io so stata maluccio…il Natale amplifica tutto.. come quando ti fumi una canna…e io ho smesso di fumarle.

    Mi sa che dovrò smettere pure col Natale.

  4. OMBRETTINA

    IO HO AVUTO 3 ANELLI VIBRANTI E UNO VAGINALE.

    NON MALE, EH?

    E IL 25 ERO IN DEPRESSIONE SUL DIVANO A DIGERIRE POLPETTE E RAFFIOLI.

    PIU’ O MENO COME VOI, SIGNORE.

    SIGH..

    PURTROPPO NESSUN CELLULARE ROSSO..

    VI BACIO TUTTE.

  5. justila

    questo Natale io invece ho ricevuto un “libro” da parte di una persona a cui voglio davvero bene nonostante la lontananza e le poche parole…

  6. francescobis

    Sulla tristezza del Natale…in ritardo e… sull’eternità.

    intorno ai 18 anni…,no 20, mi ricordo che provai per la prima vota la sensazione della tristezza , non malinconia, del Natale.Di punto in bianco mi accorsi che non avevo più desiderio di rintanarmi nel presepe : nella grotta di Benino o in una piccola oasi con i cammelli le palme e il laghetto che poi era uno specchietto di mia madre,di quelli rettangolari che si vendevano allora e che papà prendeva sempre per inserire nei suoi presepi artistici, mentre mio fratello, puntualmente lo frantumava. Improvvisamente mi sentii espulso da quel mondo di cartapesta, non ci entravo più. Ma la sorpresa più tremenda per me fu che non riuscivo più nanche ad entrare nell’albero di Natale:era stato bello per tutta l’infanzia saltare tra rametti profumati nel verde cupo del cuore del grande abete, tra le lucette che non erano ancora led luminosi, ma i pisellini colorati che si accendevano e spegnevano con un piccolo trasformatore ad intermittenza. Sono stato per anni tra quelle palle di vetro sottile, alcune con fantastiche ampolle piene di liquido colorato che rifrangevano la luce violetta gialla e rossa. Quel Natale di trentasei anni fa, avvetii per la prima volta che non riuscivo più a sentire lo spirito del Natale e mi venne un gran magone. Non valse a nulla leggermi i racconti di Dickens, aiutare mia madre allora giovane a fare le zeppole:niente ero improvvisamente diventato un altro.La magia era sparita tutta d’un colpo e io non sapevo farmene una ragione.Mi ricordo che nel primo pomeriggio della vigilia, uscii di casa e entrai nell’unico cinema ( che ora non c’è più) quasi deserto del mio paese. Davano Cabaret di Bob Fosse, quello con Liza Minnelli, riadattamento su pellicola di un musical di Broadway a sua volta ispirato ai racconti berlinesi di Christopher Isherwood.Uscii intorno alle diciannove era già buio e allora non c’erano tutte le luminarie che ci sono adesso. Tornai a casa, vidi papà che apparecchiava sereno la tavola, mamma in cucina con mia sorella, l’albero che si accendeva e spegneva, i fili d’argento sulla porta che facevano da cornice e che neanche si usano più. Mi chiusi in bagno e cominciai a piangere senza un motivo. Da allora il Natale è per me il periodo più triste di tutto l’anno e mio padre, dolcissimo, mi manca immensamente e mi manca quel tempo che non tornerà più.Già il tempo, il segreto del tempo, ma il tempo che passa è l’eternità sono la stessa cosa. in un posto che non so descrivere, in uno spazio a cui non so attribuire più un tempo, c’è ancora un ragazzo che piange in un bagno, un papà che apparecchia la tavola e una mamma ch fa lezeppole in cucina e continueranno a fare sempre questo per sempre, perchè questo è il mistero del tempo o, se volete, dell’eternità.

    P.s

    scusa per il doppione. Vale quest’ultimo.

  7. anonimo

    Vedo, con leggero sollievo (mal comune mezzo gaudio), di non essere il solo a patire le “feste” natalizie, la cui avversione, per il sottoscritto, è seconda solamente al periodo di ferragosto e dintorni, quando la desolazione è pressochè totale, senza nemmeno una mangiata a lenire il dolore…

    Mi avete risollevato.

    Torno a compilare la mia personale (s)hit parade 2007. E poi a lavare i pavimenti con il lysoform.

    (un sempre più evanescente) Mr.Brown

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