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Chi ha il durone la vince.

A ventinove anni si arriva in ritardo su tutto, anche al post del proprio compleanno. L’erba devo cresce sull’erba voglio.  Le amiche son dappertutto: sull’isola, ad Albione, in altri continenti. Sul cuore si passa l’antiruggine due volte al dì e pedala pedala, ti abitui allo scricchiolio sognando prima o poi le mani via dal manubrio. L’arte resta la cosa più bella, ma biecamente non si corre a votare perché, ahimè, non ci si crede più. Vergogna!  A ventinove anni. L’estetica del sacrificio diventa un impegno ingombrante. Via libera alle zanzariere, al guardaroba, all’aspirapolvere, al ripostiglio, al divano, all’orticello. Su Facebook e l’aria condizionata la Suprema Corte non si pronuncia. Rinvio a giudizio anche sul look. Si pensa troppo e il venerdì sera ci si sfalda come l’intonaco. Si viaggia nel letto, con migliaia di sogni affollati nelle ultime ore di sonno. La sveglia è un optional, ci si affida al buon senso, alla portinaia, alle cornacchie sui tetti, alla sciabordare delle lavandare, all’allarme del vicino, alle tende della signora affianco. A 29 anni si scopre Gino Paoli, il jazz e  che un monolocale diventa una doppia con la stessa velocità in cui si monta a neve il bianco. L’arte resta la cosa più bella e guardare le stelle con la brezza marina che fa calar le palpebre. A  ventinove anni quoto  il migliore Margarita della mia vita e il mio primo durone because ladies and gentlemen, the winner is.

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