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Ruth & Alex

Tra la Brianza e l’Adda cerco la mia Brooklyn

Solo a Milano ho cambiato tre case. Poi mi sono trasferita a Monza e nel weekend faccio avanti e dietro dalla campagna, nell’Adda. Cinque case in sette anni fa in media una ogni anno e mezzo. La rivoluzione non è il numero, ma chiudere la porta dell’attico vista Darsena e spostarmi in periferia.

Te ne vai in Brianza, sei pazza?! Lì sono sfondati di soldi, provinciali, vivono per le apparenze, cattivi. Sì, cattivi! L’hai visto il film il Capitale Umano? Ma che ci fai sull’Adda? Non sei tipa da fare marmellate nel weekend.

Buon Dio: cosa c’entrano le marmellate?

Con queste premesse la frase di Morgan Freeman che apre il film “Ruth e Alex, l’amore cerca casa” di Richard Loncraine avrei potuto pronunciarla io, tale e quale, alla vigilia del mio trasferimento.

Quando io e Ruth ci trasferimmo a Brooklyn, era una sorta di avamposto. Per i nostri amici di Manhattan era come se ci fossimo trasferiti in Nebraska. Non era di moda, ma era un posto giusto per artisti in difficoltà come me e poi a noi piaceva, il che non guastava perché era il massimo che potevamo permetterci.

Ruth (Diane Keaton) e Alex, insieme da quarant’anni, decidono di mettere in vendita la loro casa in un condominio senza ascensore perché sono diventati vecchi e non ce la fanno più a fare le scale. In realtà, come avviene in molte coppie, è lei a fare pressing per dare una svolta alla loro relazione, solida ma senza dubbio agèe.

Lui non è convinto. Ama il suo rituale quotidiano scandito dalla passeggiatina col cane Dorothy, la colazione take away, il Tg sul divano, i pomodori in vaso sull’attico only- in- New York, dipingere quando gli viene l’ispirazione (uomini, udite: sua moglie dopo quarant’anni è ancora una  musa).

Tutto si svolge in tre giorni. Se si osservano Ruth e Alex sembrano trascorrere trent’anni. La sfida di formare una coppia interraziale, di affermarsi come professionisti di successo e forse anche la nostalgia di un figlio. Se si osserva Lily (Cinthya Nixon, Miranda di Sex and the City), nipote di Ruth ed energico squalo dell’immobiliare, tutto sembra dover accadere in tre minuti.

Tanto la loro storia appare lenta e il loro legame granitico, tanto New York convulsa e inafferrabile. Taxi fermi ai semafori, attentati terroristici, guerre tra agenti immobiliari, appartamenti aperti a “visite libere”, ovvero invasioni di sconosciuti che dopo aver testato la comodità del letto (il tuo letto) per qualche ora cominciano un’ asta all’ultimo sangue.

Alla fine la spunta lei, Ruth/Diane, di cui Alex è ancora innamoratissimo e di cui Freeman, attore e produttore esecutivo del film, è sempre stato fan: “è stato una gioia farle la corte”. Ma è proprio quando Alex decide dentro di sé di valutare l’appartamento scelto dalla moglie che qualcosa cambia e la coppia si ritrova di fronte ad un nuovo punto di partenza.

Il film, tratto dal romanzo “Heroic Measures” di Jill Clement sembra volerci  dire che per capire cosa davvero ci rende felici bisogna rischiare e provare. Potremmo accorgerci che ciò che avevamo sempre desiderato è proprio sotto i nostri occhi.

A proposito, qualcuno sa se a Milano esistono le “visite libere”? Chiedo solo per curiosità. Sai mai che mi dimentichi le marmellate sul fuoco..

Consigliato a: chi non cerca un polpettone esistenziale e vuole rilassarsi. A tutti quelli che cercano casa e vivono una fase di impasse. A chi non crede che possa esserci qualcosa dopo il basic instinct.

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