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Luglio

Le palle sulle scoglio non ce le sbatto più. Agliagliagliai.

E poi all’improvviso decido di prendere quel treno sulla stanchezza e di affrontare tutto quel panico nella pancia – tanto da sms l’amico che di mestiere fa lo psicologo – per essere di nuovo io e uscire dal quel Medioevo di mediocrità e di torpore. Quel Medioevo senza sorrisi e brio in cui non so come sono finita, eppure.

Io nella folata di vento che accarezza le tonde colline marchigiane. Le sinuosità della terra mi ipnotizzano attraverso i finestrini del treno. Io al tramonto, a guardare le pale eoliche che girano, dondolandoci nei disordini alimentari, noi amiche improvvisate di una famiglia allargata.

Una lunga giornata bruciata dal sole.

Io agave, io aloe, io buganvillea, le palme sul lungomare di un bagno in Liguria sgangherato. Ciuffi di pini che cadono a mare, la ghiaia, la salsedine, il caldo, il cammino, l’aria condizionata, il parcheggio, la spalla incriccata, il tempo che scorre senza sapere perché ci si trova lì e con chi.

Chiedi. E ti sarà dato.

Io che corro nei campi tra le insegne del Parmigiano Regiano. La terra secca e il sole che picchia, il vino che suda, le spighe di grano, la strada si perde.

Il gusto di arrivare in ritardo e non chiedere scusa.

Io a esultare per un goal della Spagna, per quattro risate, risate, risate,a sorpresa, risate sepolte e dimenticate.

El duende.

Io, regia, con quelle dannate cuffie intorno al collo…

Il cameratismo notturno non è poi così male.