La zuppiera

Vivere in un paese significa molte cose.
Molte cose tra cui se un maschio si fa più di trenta chilometri per accompagnarti a casa e non ti vuole trombare, per te i conti non tornano. Grazie A., so che ti dà fastidio che ti ringrazio, ma grazie –  scrivi nell’sms di buonanotte. Piacere di stare in tua compagnia? Amicizia? Condividere una bella serata a teatro?
Si, sapere che queste cose disinteressate esistono ti fa scaldare il cuore.
Vivere in un paese significa convivere con i paesani.
Dicesi paesani persone che non oltrepasseranno mai le colonne di ercole del paese o persone che pur muovendosi il paese lo tengono scritto nel dna. E il dna, cara Meredith, non mente.
Fai le commissioni senz’auto, respiri aria elettropulita, hai un balcone sulle onde che si infrangono nel vesuvio e cancelli con la gommina di Adobe Photoshop le case abusive arroccate.
– Che panorama.
– Già, che panorama. Sai che anche a Helsinki c’è il mare?
– No – o, che freddo.
Hai il pub dell’adolescenza con gli amori che furono, il bar dell’errore, il localino dove scendevi solo tu il venerdì sera, la pizzeria dove ti chiamano dottoressa, il giornalaio che per un periodo faceva il giornalista nel tuo stesso giornale.
Vivi in una zuppiera del riciclo sociale che quando gli stranieri ti vengono a trovare fai le belle figure perché ad ogni passo c’è qualcuno che ti saluta.
La giornalista, l’attrice, la figliadimario, la sorella dei gemelli. L’ex di, ma l’hai lasciato tu o ti ha lasciato lui? L’ etichetta.
– Si sono io.
– Ma stai fuori?
– In che senso?
Ma si, forse sto fuori. Fuori dai gruppi solo maschi, fuori dai gruppi solo coppie, fuori dallo sposiamoci presto e vogliamoci bene e mangiamo nello stesso piatto e sputiamoci dietro che si porta qua.
Ci sono le file assegnate pure al turno di aerobica. Io seconda fila sulla destra. Però se vai al turno di step con il pantalone cinese skin danza nessuno ti dice niente.
E poi il paese è bello d’estate, con la tua famigliola di amici motorizzati che ti porta a fare il bagno nei posti sperduti di qua.
E poi il paese ti svezza al richiamo della vita che pulsa.
E alla nevrosi del viaggio.
Questo significa.

10 comments

  1. francescobis

    quando mi accorsi di vivere in un paese avevo 14 anni, credo che me ne accorsi quando cominciai a diventare pubere, mi piaceva correre per le scale antiche sotto il castello che sono state chiuse per quasi vent’anni e ora che sono quasi vecchio stanno ristrutturando. Già…vivere in un paese , piccola cara Merincontraria è tutto vero quello che scrivi e sono tutte vere le cose che accadono:tutti ti salutano, tutti di chiamano prof. i luoghi sono la tua storia ed esci senza auto e c’è il mare e l’aria è pulita. Se però sono arrivato fino alla mia età, sopravvissuto a tutto questo e al paese che sta fuori e che ti porti dentro, fu perché un bel giorno ascoltando una canzone di David Bowie, era Star man, me la ricordo ancora, su un piccolo registratore Bronti che mi aveva regalato mio padre, e avevo sedici anni, mi misi a piangere silenziosamente e non sapevo il perché e mio padre mi vide e si chiedeva perché piangessi e io niente pa, niente pa. Mi svegliai e alzai il coperchio della zuppiera ( splendida metafora mia piccola Merincontraria ). Quella canzone sepolta negli archivi della mia testa, mi fece cadere sul tavolo e dal tavolo, caddi sul pavimento e dal pavimento rotolai fino all’uscio di casa e poi da lì fuori di esso ed è lì che sono voluto rimanere per il resto della vita. Negli anni sessanta Londra esplodeva e io stavo nella zuppiera. Per questo piangevo. Ma a chi potevo raccontarlo? Nel paese c’era l’odore di pane fresco e la fontana che era onphalos del mondo e c’erano gli amici, ma io avevo preso la mia decisione. Lì gli uomini si truccavano e si mettevano zeppe glitter …il resto lo sai lo hai letto. Mi trasferii a Londra…mise pure io le zeppe glitter e mi truccai come Bowie e Brian Ferry. Mio padre diceva che avevo la testa tra le nuvole e che stavo incollato a quel piccolo registratore ad ascoltare rumore:poverino se ascoltasse la roba che va adesso. Altri amici miei la domenica pomeriggio con le prime radio transistor giravano per il paese ascoltando la diretta di Napoli Juve o chessò Atalanta Milan : a Fra’ ma che cazzo sienti!!!! e io con gli stivali delle sette leghe ero un velvet goldmine e si…eri proprio un velvet gold mine e sono rimasto per sempre cosi e vivevo in un altro mondo e lì continuo a vivere ancora adesso. Non avrei potuto farcela e l’aria troppo buona mi avrebbe ammazzato e pure tutta la gente che mi salutava lo avrebbe fatto e pure l’odore di pane fresco.

  2. lamu240

    è la nevrosi del viaggio che mi prende a intervalli regolari! per non avere nessuno che mi saluta,e vedere fontane in altre piazze! Emma

  3. Joeniceshot

    Il Paese è quello tanto caro e caramente rappresentato dal Biagi che fu..il Paese è anche pura follia, noia, ripetizione, diceria e maldiceria dietro ad ogni balcone..Ma tutto ciò, poi, non esiste anche nelle città? Ogni posto ha un suo fascino segreto, e tu, col tuo Paese, mi hai fatto volare nei miei ricordi, bei ricordi, i ricordi di un tempo non troppo lontano. A presto.

  4. Misentosservato

    Eheheh…conosco bene la mentalità paesana, e non mi piace proprio. Mi è sempre andata stretta, a tratti potrà sembrare romantica, ma per il resto è di una tristeza infinita. La civiltà è ora e adesso dicevano i csi, ma sicuramente non è nei nostri amati paeselli. E’ come nascere nell’entroterra sardo al tempo degli egizi…non so se ho reso l’idea…mah…

  5. malaparata

    Io poi sono scappato, non mi ricordo come è successo ma sono scappato. Ogni tanto ci ripenso, con la bocca imapastata di smog che quando sputo i piccioni scappano. Eppure certe volte, anche dentro la città, ti meravigli di qualche paese nascosto, coperto da un manto di sampietrini. Ti giri e ci sei dentro. Dura un attimo, fino a che alzi gli occhi al cielo e vedi gli storni che disegnano bambole giapponesi nell’aria.

    Così vivo, anzi, sopravvivvo. In perfetta simbiosi tra storni e stronzi.

    cià

    giadim

  6. anonimo

    …ed ogni volta torniamo davanti al mare… noi artiste gitane, noi donne con il cuore nella terra (o nella zuppiera) noi che portiamo i capelli così e quelle gonne cosà…torniamo davanti al nostro mare, che è il nostro respiro…andare per tornare così tutto sembra meno tondo…

    Rossella C.

  7. merincontraria

    @paola: nella zuppiera si annaspa, si affoga e ci si rincontra. alla prossima nzalata.

    @ombrettina: talmente meraviglioso che ogni treddue fuggo da voi a naples.

    @ francescobis: in mano a te, cioè nella tua penna, pure la zuppiera mi pare più pop. menomale che ci sei. Sono estremamente invidiosa delle tue zeppe glitterate, sappilo.

    @emma: madò la fontana, il simbolo, me l’ero dimenticata.brrr.

    @joenishot: grazie assiduo commentatore. il paese è proprio quello che dici tu. ma la differenza è che se per te è solo un ricordo, io mi rimescolo nella zuppiera.

    @misentoosservato: hai reso perfettamente.

    @rodmanalbe: infatti lo vivono è peggio di ci vivono.

    @lamalaparata: storni stronzi e maleparate. bell. mò mene fujo pur’io.

    @ROSSELLA C. ti ho messa in maiuscolo per farmi perdonare della volta in cui fosti l’unica e io mi dimenticai di risponderti, unica. Non pensi che siano proprio quelle nostre gonne da gitane il problema sociale della zuppiera?

    Che so, se provassimo con gli stivali con la zeppa e la gonna nera del sabato sera? Che dici, ROSSELLA C.?

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