Tagged: ritmi paesani

H2Ome

Chiudo.

Armadi, finestre, la porta blindata.

Tre mandate.

Uno, due ettre.

Chiudo.

Comprimo l’aria di Bygon polvere+Bygon piastrine in 33 metri quadri.

Sbrino il frigorifero, stacco le prese, porto dentro lo stendino.

Ma chi se lo piglia, siamo sinceri. Ikea, 11 euro, grigio, brutto, sgraziato.

Ma chi sale al settimo piano.

‘Ngiorno signorina.

(Voce metallica di Luciana, la portinaia, dietro cui, da quando ho letto l’Eleganza del Riccio, non faccio che chiedermi quale vita si nasconda).

Salve!

Torna a casa?Incalza

Già- risposta reale.

Fatti i cazzi tuoi- risposta ideale.

Ogni tanto ci vuole…ehehhehehehehhe, risata maligna della signora Luciana.

In realtà…Si, ogni tanto ci vuole– abbozzo.

Sono le 9, ho il ciclo, lo zaino pesante, una giornata di lavoro da affrontare, 5 ore di viaggio in Av fast, non ho voglia di spiegare alla signora Luciana, che lavora nella stessa porta in cui vive, come ci si sente.

Perché arrivati a Firenze, di fronte alle colline morbide e alle distese gialle, verdi, ocra, ti metti gli occhiali da sole per nascondere i goccioloni che scendono giù come nel peggiore manga. Ogni volta.

Perché arrivati a Napoli, non la vedi l’emergenza rifiuti e le facce nere nere della gente.

Non lo senti l’accento, le voci cafone, i vestiti brutti.

Senti solo la salsedine e il sapore rassicurante di ossigeno e acqua, casa e famiglia. Solo l’odore di H2Ome.

Wall_nut

Ma che ce frega, ma che ce mporta, se l’oste ar vino c’ha messo l’acqua:
e noi je dimo, e noi je famo, c’hai messo l’acqua, e nun te pagamo!

Settimane di tecnovolteggi a vuoto si spappolano come il mallo di noce che rende i capelli più scuri.

Esiste una terra vera, un bosco di noci e mele selvatiche, un fungo di plastica, cenere&fumo.

Corro nel verde leggerissimo, leggerissima senzaseno ma i muscoli in gola.

Ma che te frega, ma che te mporta, se un cane ruzzola e scava cunicoli tra gigli e violette. Si lascia accarezzare e anche tu chiudi i Dovresti nella stalla con le ragnatele.

Chi vuole venire viene, chi vuole andare va: amerà? Amerà.

Un, dos, tre, cuatros: la raccolta è così, come la sigla di Paso Adelante.

Cominci che non le vedi e poi le noci si moltiplicano, le senti sotto i piedi, freschissime e infinite, fame di riempimento, ingordigia d’umidità. Libertà.

Guanti secchiello paletta, a ognuno terrazze di noci.

Io su su su, a digerire felicità in lontananza.

Ma non come quelli di Kundera che vogliono stare sempre sotto lo sguardo del loro pubblico, io colgo le noci dei sognatori, zan zan.

 

 

Gheriglio:Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere, potremmo essere suddivisi in quattro categorie. La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi […] La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti […] C’è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata […] E c’è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. Sono i sognatori. Ad esempio Franz.

 

(M.Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere)

La zuppiera

Vivere in un paese significa molte cose.
Molte cose tra cui se un maschio si fa più di trenta chilometri per accompagnarti a casa e non ti vuole trombare, per te i conti non tornano. Grazie A., so che ti dà fastidio che ti ringrazio, ma grazie –  scrivi nell’sms di buonanotte. Piacere di stare in tua compagnia? Amicizia? Condividere una bella serata a teatro?
Si, sapere che queste cose disinteressate esistono ti fa scaldare il cuore.
Vivere in un paese significa convivere con i paesani.
Dicesi paesani persone che non oltrepasseranno mai le colonne di ercole del paese o persone che pur muovendosi il paese lo tengono scritto nel dna. E il dna, cara Meredith, non mente.
Fai le commissioni senz’auto, respiri aria elettropulita, hai un balcone sulle onde che si infrangono nel vesuvio e cancelli con la gommina di Adobe Photoshop le case abusive arroccate.
– Che panorama.
– Già, che panorama. Sai che anche a Helsinki c’è il mare?
– No – o, che freddo.
Hai il pub dell’adolescenza con gli amori che furono, il bar dell’errore, il localino dove scendevi solo tu il venerdì sera, la pizzeria dove ti chiamano dottoressa, il giornalaio che per un periodo faceva il giornalista nel tuo stesso giornale.
Vivi in una zuppiera del riciclo sociale che quando gli stranieri ti vengono a trovare fai le belle figure perché ad ogni passo c’è qualcuno che ti saluta.
La giornalista, l’attrice, la figliadimario, la sorella dei gemelli. L’ex di, ma l’hai lasciato tu o ti ha lasciato lui? L’ etichetta.
– Si sono io.
– Ma stai fuori?
– In che senso?
Ma si, forse sto fuori. Fuori dai gruppi solo maschi, fuori dai gruppi solo coppie, fuori dallo sposiamoci presto e vogliamoci bene e mangiamo nello stesso piatto e sputiamoci dietro che si porta qua.
Ci sono le file assegnate pure al turno di aerobica. Io seconda fila sulla destra. Però se vai al turno di step con il pantalone cinese skin danza nessuno ti dice niente.
E poi il paese è bello d’estate, con la tua famigliola di amici motorizzati che ti porta a fare il bagno nei posti sperduti di qua.
E poi il paese ti svezza al richiamo della vita che pulsa.
E alla nevrosi del viaggio.
Questo significa.