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Ballare davanti allo specchio fino ad avere il fiatone. Pensare sotto la doccia che se x muore non ci hai parlato abbastanza. E se la morte ti fa bella, la felicità di più. Avere paura che quello che oggi senti al telegiornale domani succeda a te. Comprare Anna perché ha la copertina patinata ma costa solo un euro. Ascoltare quella canzone pensando che quella frase non era dedicata a te.  Lasciare il computer acceso e trovare sullo screen una foto di San Pietroburgo che avevi dimenticato, altri sorrisi, un’altra te, quanti anni fa. Pochi, tanti. E poi quella malinconia euforica, che si attacca addosso come un acaro, che dorme sottopelle mentre il governo è in crisi e la gente d’Italia si attorciglia su se stessa. E quel sole di mezzogiorno quando ti sembra di stare in piedi da dodici ore ma sei contenta di esserti alzata dal letto anche se non ce la facevi. E svegliarsi e riaddormentarsi, combattendo con la narcolessia e l’ansia del giorno dopo. E camminare con la faccia della cinese nella testa che si caga sotto nel cesso pubblico di Villa dei Misteri e tu la sorprendi mentre si pulisce. Notando l’imbarazzo di Ambra Angiolini che si sfrega le mani mentre Cocaventura intervista gli altri ospiti di Rai due.
Alda F.

egoadelio

Se si ascolta, lo si fa solo per poi raccontare.

E mentre si ascolta ci si paragona al nostro interlocutore.

Il dialogo perde consistenza, i nostri occhi guardano gli occhi, ma i pensieri sono altrove, dietro la sua schiena, dentro se stessi, i nostri pensieri.

Se c’è una cosa che ci manda in bestia è che il nostro ego si sgonfi come si sgonfiano i palloncini ad elio.

Spesso non dipende nè da noi, nè dagli altri. Dipende dall’affanno.

L’ego sazio, tronfio di cultura, di letture, di tv, delle colonne sonore di cui infarciamo le nostre esistenze come sacker tort, scoppia, non ce la fa più, prende un ictus diabetico.

Quando scoppia basta non darlo a vedere. Allora ci mettiamo gli occhiali da sole, il fondotinta e proteggiamo le ferite narcisistiche dai raggi del sole aspettando che si formi la crosticina.  

E invece basterebbe solo soffrire all’aria aperta.

E se la tristezza diventasse di moda e sfilasse sulle passerelle, allora faremmo a gara per entrare nella nicchia della felicità.  

Alda F.