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bollo in pentola

E tutto intorno è silenzio.

Un silenzio che non è  in dizione e che non fa notizia. Un silenzio che è silenzio e basta. Tu, sola in cucina, mentre butti la pasta, persa. Persa nello shhhhhh che fa il sale sull’acqua bollente. La schiuma si increspa e tu, sola in cucina mentre butti la pasta, ti tuffi nel bianco grumoso al posto della pennetta.Eccoti,  a dondolarti nella  pentola calda, con i capelli che si afflosciano come spaghetti e la schiuma che entra nelle orecchie.  Eccoti, nel glu glu cavernoso di bolle che si infrangono contro la schiena e ti rassodano i fianchi. Riesci persino a girarti a pancia in giù aggrappandoti ai manici d’acciaio. Immergi la faccia nell’aqua densa e salata, acqua panna, argilla, sei contro corrente, ma non c’è vento. In questo mondo liquido non hai più bisogno di respirare tutti i nomi che non ricordi.  Affoghi sul fondo  i registi che non conosci, i libri che non hai letto, il partito democratico, la sigla del Tg, i tanti rumori della tua vita. Ti rigiri, ti arrampichi su una grandebolla, stai in equilibrio liquido. Schizzi acqua fuori dalla pentolavasca irrigando i fornelli con goccioloni bollenti. 10, 100, 1000 te volteggiano in una tempesta i bolle e, in quel momento lì, senti che è davvero bello sgocciolare guardando il panorama all’ombra di un’opacità bagnata.

Alda F.

   

egoadelio

Se si ascolta, lo si fa solo per poi raccontare.

E mentre si ascolta ci si paragona al nostro interlocutore.

Il dialogo perde consistenza, i nostri occhi guardano gli occhi, ma i pensieri sono altrove, dietro la sua schiena, dentro se stessi, i nostri pensieri.

Se c’è una cosa che ci manda in bestia è che il nostro ego si sgonfi come si sgonfiano i palloncini ad elio.

Spesso non dipende nè da noi, nè dagli altri. Dipende dall’affanno.

L’ego sazio, tronfio di cultura, di letture, di tv, delle colonne sonore di cui infarciamo le nostre esistenze come sacker tort, scoppia, non ce la fa più, prende un ictus diabetico.

Quando scoppia basta non darlo a vedere. Allora ci mettiamo gli occhiali da sole, il fondotinta e proteggiamo le ferite narcisistiche dai raggi del sole aspettando che si formi la crosticina.  

E invece basterebbe solo soffrire all’aria aperta.

E se la tristezza diventasse di moda e sfilasse sulle passerelle, allora faremmo a gara per entrare nella nicchia della felicità.  

Alda F.

tribute

Merincontraria ha avuto il suo primo vero incubo. Un tale vestito di nero voleva soffocarla con un cuscino. Lei ha aperto gli occhi, ma aveva il fiatone e vedeva sogliole viola e triglie pelose. E si era addormentata  da solo mezz’ora e non era come sognare di cadere dalla bicletta, no, aveva proprio sognato di morire e credeva di essere morta. Merincontraria aveva un barista di fiducia che per settanta cent faceva finta di farle dei caffè particolari, ma poi un giorno è andata al bar e il barista in divisa non c’era più. Anche se gli ingredienti erano sempre gli stessi, Merincontraria si divertiva con quei caffè che sembravan strani ma non lo erano. Merincontraria ha giurato di non indossare mai i pantaloni nei camperos e farsi la lampada in segno di protesta al totalitarismo estetico che sta trasformando la gente in mostri imbelletati, elfi ingelatinati, creature con bocche enormi per mangiaarti meeeglio. Merincontraria rivendica il diritto di poter trovare lavoro dopo otto mesi dalla laurea e non avere la sensazione di proferire eresia. Merincontraria è stanca di rispondere alla domanda che stai facendo perchè le verrebbe da rispondere: sai che quando una donna ha il ciclo lascia un puzzo similcipollafritta nel bagno? Merincontraria la deve smettere di fare botte alla macchina sotto il garage e deve cercare di prenderla più lontano da casa una bottarella, almeno per una questione di dignità personale. Merincontraria la deve smettere di fare la cinica dei suoi stivali perchè ci ha proprio rotto i maroni con il suo pessimismo spicciolo e la preferivo di più quando sognava e illudendosi, stringeva gli occhi tra le guance e rideva. 

Alda F.