Il retaggio ercolanese
Zittita dal personale Atm, ghettizzata dalle informatissime vecchie meneghine in fila per il teatro aggratìs, tra emozioni del nuovo e velleità resistenziali, la cosa più familiare della gran Milàn fin’ora è stata rincontrare Toni Servillo, che in questo scenario, mi è sembrato lo zio d’America venuto a farmi visita da Afragola con la valigia di cartone senza spago e il balsamo di Tigre dello spirito. Ho risucchiato le dense pause tra le sue parole dense e rosicchiato quell’umiltà esemplare che sarà faro tra la nebbia d’autunno, dietro cui, lo sento, ci saranno nuove villeggiature e nuove trilogie, denze con la zeta, come le conseguenze dell’amore. Quando tieni in corpo riesci persino a soffocare un sentimento, lo custodisci dentro di te, lo trattieni, lo reprimi. Ma il bello di tenere in corpo è che è uno stato in divenire. Tutto quello che tieni in corpo prima o poi esplode. Esce fuori e si espande. Per questo tenere in corpo si usa soprattutto al passato, all’imperfetto. Es. Due si picchiano: chillo o’ teneva ‘n corpo ( l’atto di pichiare era già presente nell’ ira covata da Pincopallo) e così via per tutte le decisioni improvvise, nette, che non hanno un’apparente motivazione, ma erano, appunto, in corpo. Bè, questa cosa di C’è un Eastpak nuovo, che in corpo si porta le gite della domenica, la lunga scogliera della Marina, il lessico familiare e la chiacchiera condivisa. Oui, oui, je suis romantique. In un Long island Tour non esiste un abbigliamento consono, ma il bagaglio deve essere attrezzato con la mutanda pulita per il tuffo cufaniello dalle stalagmiti della Grotta meravigliosa a Capri e un costume per il bagno notturno nella piscina riscaldata dell’ hotel a sorpresa di Ischia . In un Long island Trip si dorme massimo 50 min. di fila in un letto vero e non più di due ore a notte in preda ad ansie del giorno dopo, eiaculazioni Rem e corse in taxi finalizzate a respirare il caldosmog della nave delle 2.30, tratto Ischia-Pozzuoli, accartocciati su un divanetto 20X30 insieme agli autisti arrapati dei camion della munnezza. Senza un mago per davvero, 1 colazione di lusso, 32154 merende, 4 risate, 1 intestino di ferro, 2 cene stile fotografo del matrimonio, un libro di Mauro Corona sugli alberi da leggere assolo in un anfratto vestita dalla Dea Minerva che fa svolazzare il tulle mentre le barche dal mare gridano “nuda, nuda!”, il Long island Tour sarebbe davvero insostenibile. Poi però ci sono le albe Iced Tea con i gabbiani, i delfini e la luce glicine del primo mattino. Da gustare su un gommone con lo skipper chiattulillo in k-way rosso, che aggredisce il mare in silenzio, mentre la schiuma delle onde si increspa e canteresti, ma non vuoi disturbarti il paesaggio. Gli attimi di un Long island sono così, da buttar giù in one short, alla goccia. E subito dimenticar in un ottobre che è caldissima estate e freddissimo inverno. Io nella stanza di Ross ci vado sempre una, max due volte l’anno, ormai da quattro anni. Nella stanza di Ross si va per dormire, quando si decide che è festa e ci vuole un posto per smaltire l’ hangover, ma si finisce sempre che Ross dorme e io guardo la stanza di Ross, che è fatta proprio per sentirsi giovani e riscoprire il Peter Pan fanciullino che è in noi finché non s’ammala di depressione. Mentre Ross dorme, io vedo nella stanza di Ross i migliori b-movie della mia adolescenza. Ross in quel periodo non esisteva, ma la stanza di Ross e il suo soffitto, in particolare la parete sinistra con l’invito al BBQ-barbecue-party attaccato allo specchio, a cui io e Ross siamo andate veramente, facendoci i km a piedi in una foresta finlandese per arrostire due sausages sul fuoco e sentirci internazionali, me la ricordano tutta, (l’adolescenza). Nella stanza di Ross le maglie sono rigorosamente viola e si legge Jack Frusciante è uscito dal gruppo mentre la prof. spiega e si fa la scritta sulla Smemoranda del nome del ragazzo maledetto che ti fa ascoltare i Pink Floyd invece di E. Ramazzotti. Nella stanza di Ross nell’ora di educazione fisica ti metti i vestiti normali perché la tuta è da sfigati, ma sei la più secchia del compito d’italiano. Nella stanza di Ross ti infili le Dr Marteens e vai ai concerti con la birra in mano e balli ondeggiando in quel modo perché si capisca che tu non sei una borghese (poi te ne accorgerai col tempo). Nella stanza di Ross comunque c’è tutto il compiacimento del viaggio sgangherato che è l’unica cosa non romanzata della stanza di Ross. Poi per il resto nella stanza di Ross si dorme una chiavica, perché Ross accanto a me dorme e io guardo la stanza di Ross immaginandomi cosa la stanza di Ross si inventerà la prossima volta per ricordarmi la festa appena trascorsa. Per il resto la stanza di Ross con le sue maniacalità del ricordo sa regalarti grandi viaggi all’indietro, che poi sono sempre viaggi in avanti. Ma che ce frega, ma che ce mporta, se l’oste ar vino c’ha messo l’acqua: Settimane di tecnovolteggi a vuoto si spappolano come il mallo di noce che rende i capelli più scuri. Esiste una terra vera, un bosco di noci e mele selvatiche, un fungo di plastica, cenere&fumo. Corro nel verde leggerissimo, leggerissima senzaseno ma i muscoli in gola. Ma che te frega, ma che te mporta, se un cane ruzzola e scava cunicoli tra gigli e violette. Si lascia accarezzare e anche tu chiudi i Dovresti nella stalla con le ragnatele. Chi vuole venire viene, chi vuole andare va: amerà? Amerà. Un, dos, tre, cuatros: la raccolta è così, come la sigla di Paso Adelante. Cominci che non le vedi e poi le noci si moltiplicano, le senti sotto i piedi, freschissime e infinite, fame di riempimento, ingordigia d’umidità. Libertà. Guanti secchiello paletta, a ognuno terrazze di noci. Io su su su, a digerire felicità in lontananza. Ma non come quelli di Kundera che vogliono stare sempre sotto lo sguardo del loro pubblico, io colgo le noci dei sognatori, zan zan. Gheriglio:Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere, potremmo essere suddivisi in quattro categorie. La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi […] La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti […] C’è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata […] E c’è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. Sono i sognatori. Ad esempio Franz. (M.Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere) C’è chi, poi, in questi matrimoni dei rampolli clonati della milanodabere, si infizza per fare l’acqua e limone. Merincontraria, la ragazza dell’acqua e limone sull’isola Li Galli, off limits. … Limonata per il signore lentigginoso in lino. Et voilà. Orange juice? You’re welcome! Si, limoni di Sorrento freschissimi. Sono abiti da tarantella. Facciamo teatro-eventi. … Frasi scheggia mentre le unghie si riempiono di terreno e un semino spunta dal bicchiere dell’ex amante di Tronchetti Provera. Glielo cambio subito. Il resto è scogli a strapiombo, mare grigio, mare verde, mare azzurro, lucertole grasse, un coro gospel ascoltato dietro al velo di un letto a baldacchino, uomini di mare abbronzati e scalzi, sguardi sotto la pioggia, intenzioni, canti liberatori e la bellezza dei sedici anni. Rigenerante. Solidarietà con le maestranze che ti sembra di stare in campeggio in Calabria con il falò a cantare “Acqua azzurra…Na na na na na”… Il resto è abiti di Vogue, tessuti preziosi, cappelli di paglia, pr in lino e superga bianche, cambi scarpe, tagli di etichette, abbronzatura dorata, pelle invecchiata, occhi tirati, bocche gonfiate. Bellezza? Ricchezza che ti appara, i miei studi antropologici “come sembrare una ragazza ricca con 30€”. Il bello della ragazza dell’acqua e limone è che la gente si innamora di te perché sei la ragazza dell’acqua e limone con il vestito antico e il culo chiatto. Quando ti togli il vestito e te ne metti uno buono per dire che nella vita fai altro, quando esci dal momento dell’acqua e limone, il gusto si perde e o’ limone va’ acit’ (va in putrefazione e fa acido). Passano i giorni e la sento ancora. Lo tengo nelle orecchie la campanella che scandisce le fermate che ti pare di essere sul set della famiglia Addams. E invece sei in metro, uban, con la tappezzeria vintage a colori depressive. Rumorosa chiacchierona impertinente italiana ti immagini la nuova Mercoledì senza frangia e capelli neri ma con gli occhi che bevono emozioni di una città che era… E ora… Willkommen alla Humboldt University. Wow. La bocca macina brezel, falafel, piedi di porco nelle antiche kneipen di quartiere, patate al burro e currywurst, i migliori della città, perché la Loneley Planet non sbaglia un colpo. Le gambe macinano chilometri, instancabili, con giri solitari nei supermercati alla ricerca della Nivea perduta e dell’attrezzo che fa il tuppo come il femminiello di Kreuzberg. Cattivi tedeschi maestri di visual merchandising! Ci odiano. I neuroni si rigenerano lungo i resti del Muro al tramonto e si moltiplicano sui viali alberati con le bici luccicanti, fino a impazzire a Postdamer Plats, che merita un bis per i grattacieli e gli specchi che riflettono una tragedia che non torna. La morte è diluita nella pretesa di avanguardia e nelle più belle fontane. Goodbye Lenin. Lo zoo di Berlino è una stazione multipiano trasparente molto benessere. Di Christian F. resta solo la puzza di piscio tra i sentieri del parco, un freakettone nostalgico e una coppia di adolescenti punk con la sindrome “io ti salverò”. Restiamo poi noi, ragazzi napoletani dello zoo di Berlino, che cercano dentro la cupola del Reichstag i cantieri aperti della storia e, guardando il cielo col naso all’insù, sognano di aprirsi un negozio di abiti al chilo come quello di Bergmanstrasse. Il cielo sopra Berlino.
Merincontraria
12 Comments
Posted in Insalata mista
Zio Toni
In corpo
Oh, Oui, je suis amoreuse.
Long Island Iced Tea
Al mio paese un Long island non è un cocktail imbevibile che ti fa ubriacare assai ma una folle circumnavigazione delle isole del Golfo di Napoli, un rave tra le onde Iced Tea.
Cazzbook
La stanza di Ross
Wall_nut
e noi je dimo, e noi je famo, c’hai messo l’acqua, e nun te pagamo!
Lemon Free
C’è chi al suo matrimonio fa recitare la poesia allo zio ubriaco e chi, come Silvia&Marco regala una pennina usb a forma di braccialetto con le foto della festa scattate dai migliori reporter di moda sulla piazza.
Progress in work
Merincontria e il suo nutrito staff si scusano per discromie, discopatie, disturbi della vista, condilomi e sindromi isofagee. Il blog ha bisogno di una ceretta, un pedicure, un consolador e di mettere un poco mano all’html. Ma poco poco però, perchè l’html ti mangia se lo "sfrogolei" (stuzzichi) troppo. Merincontraria non è pronta per Milano, figuriamoci per WordPress. Detto ciò conclude dicendo che il progresso è nel duro lavoro. Progress in Work. Alla faccia della Santanchè.
Berlin